#2 La lettura dell’estate. Attorno al mondo su una barca di 6,50 metri. La preparazione
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Ma veniamo alla scelta della barca: come, quando e perché ho scelto una barca di 6,50 metri di lunghezza, un prototipo di Mini Transat.
Il riferimento principale per intraprendere una navigazione attorno al mondo è stato il Golden Globe, la prima regata per solitari organizzata tra il 1968 ed il 1969 dalla rivista inglese Sunday Times. Le regole erano semplici: avrebbe vinto chi, navigando in solitario e senza assistenza a bordo di una barca a vela, sarebbe riuscito a completare la circumnavigazione nel minor tempo possibile, lasciando a sinistra i tre mitici Capi: Buona Speranza, Leeuwin e Horn. Un’altra fonte d’ispirazione è il Vendée Globe, nata vent’anni dopo. è una regata sempre per solitari da disputarsi ogni quattro anni, ma su barche adesso di 18 metri.
La mia scelta di utilizzare un Mini 6,50 per intraprendere una navigazione così lunga è legata al fatto che si tratta di barche affidabili e provate per più di trent’anni in vari percorsi in Atlantico. L’idea iniziale è stata quella di far realizzare un progetto per una barca nuova, un disegno che si modellasse sulle mie esigenze, in particolare di resistenza dello scafo, inaffon- dabilità e volumi per lo stivaggio di viveri ed attrezzatura. Ed è su questa base che un amico/navigatore, Sébastien Roubinet (Seb), inizia a disegnare le linee di quello che sarebbe dovuto divenire il mio mondo per diversi mesi di navigazione.
Un cantiere nautico alla fine accetta la mia proposta di costruire la barca. Tutto sembra andare per il meglio nei primi mesi del 2008 quando, improvvisamente, il cantiere che avrebbe dovuto costruire la barca mi manda nuovi accordi, completamente diversi da quelli stabiliti in precedenza… Sono avvilito, sconfortato. Informo Seb dell’accaduto, il progetto di costruire una barca ex novo va in fumo. Non mi perdo d’animo, sono determinato a portare avanti il mio progetto. Ora quello che manca è uno sponsor finanziario che creda in me e che mi dia la disponibilità economica per acquistare un prototipo di Mini 6,50 usato, ma in discreto stato e da utilizzare come base su cui lavorare per avvicinarmi il più possibile alla mia idea di barca.
La crisi economica che imperversa nel mondo in quel periodo non ci voleva... Le risposte che ricevo, quando le ricevo, sono tutte negative. Vado avanti. Apprezzo chi mi risponde, anche se in maniera negativa e tra le risposte mi fa piacere ricevere una lettera con caratteri dorati ed eleganti da parte di Sua Maestà lo Sceicco degli Emirati Arabi che mi ringrazia dicendomi di essere però già im- pegnato con il progetto di Coppa America…
Il tepore della primavera porta finalmente una buona notizia. Findomestic mi fa contattare dall’ufficio che si occupa della sua im- magine per approfondire le condizioni di un’eventuale sponsorizzazione. Volo a Milano per un incontro e poco dopo il contratto è firmato! Findomestic diviene ufficialmente il mio sponsor principale e darà il nome alla barca.
Ora ho i soldi per acquistare un guscio da trasformare e buona parte dell’attrezzatura. Inizio seriamente a selezionare gli annunci delle occasioni che più si avvicinano alla barca che ho in mente e chiedo a Seb, che ha navigato molto sui Mini 6,50, di darmi il suo parere. Alla fine, dopo qualche mese di ricerca mi decido di andare a vedere a Lorient un prototipo, un “vecchio” progetto del 1997 a chiglia basculante. La costruzione è amatoriale, a spigolo, in compensato marino e resina epossidica. La barca ha la prua rosso fuoco che sfuma verso il giallo di poppa e porta un nome che è tutto un programma: Hakuna Matata, “non ci sono problemi” in lingua Swahili. Lo specchio di poppa è meno largo del baglio massimo. Questo particolare è una delle caratteristiche che mi piace per il tipo di navigazione che ho in mente di realizzare. Penso agli enormi frangenti che colpiranno la barca di poppa ed al comportamento che potrebbe avere se la poppa rappresentasse la parte più larga, se il guscio avesse le forme moderne molto vicine ad un triangolo. Penso che in questo caso la barca, investita dal frangente avrebbe più facilità a mettersi di traverso e poi a rovesciarsi che non nell’ipo- tesi di avere il baglio massimo posizionato a circa metà lunghezza di scafo. Apprezzo inoltre la costruzione in compensato marino ed epossidica, materiali che, in caso di necessità di grossi interventi strutturali, consentono di destreggiarsi con più semplicità rispetto ad una costruzione in sandwich di carbonio.
Mi metto così in contatto con Fabrice Lucat, il proprietario di Hakuna che ha corso la regata minitransat da La Rochelle a Bahia nel 2007 e che al momento si trova in Cina per lavoro. La barca mi convince, l’accordo è fatto e Hakuna diviene così Findomestic Banca! A Lorient organizzo il trasporto in Italia. Prima di poter mettere mano alla resina con l’aiuto di alcuni operai, Findomestic deve essere portata a nudo, spogliata di ogni attrezzatura e carteggiata completamente. A fine luglio il primo intervento strutturale sullo scafo. La struttura dell’opera viva viene completamente modificata: bisogna essere pronti a tutto, i disastri che accompagnano a volte le varie edizioni del Vendée Globe devono essere un monito e devo fare tesoro delle esperienze di altri, anche se portate avanti con barche molto più grandi della mia. Devo fare in modo che il mio mezzo, lo scafo in particolare, esca indenne dalla furia degli Oceani del Sud del mondo, ne va della riuscita dell’impresa e della mia vita.
Inizio i lavori all’interno della barca. L’intera struttura si dimostra sottodimensionata. Basta un pugno ben assestato per far scollare alcune ordinate. Apro le protezioni di prua e di poppa che racchiudono il grosso delle riserve di galleggiamento e ho una brutta sor- presa: a poppa, due-tre millimetri di fondo in compensato marino sono marciti, mentre a prua il problema più grosso è la presenza di due lunghe fessure in corrispondenza dei masconi. Oltre a ciò, tutte le ordinate principali sono spaccate nella zona del fondo barca esattamente al centro e non vi sono longitudinali a scafo nella zona di prua.
A fine luglio inizio ad irrobustire la zona di fissaggio della chiglia allo scafo. Su una superficie di diversi centimetri quadrati, il com- pensato marino è asportato per uno spessore di cinque millimetri e sostituito da fibre di carbonio impregnate con resina epossidica. Vengono eseguiti i primi sondaggi alla lama di chiglia per verificarne le condizioni. La barca in quel momento è solo un guscio capo- volto, impolverato, qualcosa che non dà per nulla l’idea di un mezzo che possa affrontare il mare aperto e tutto quello che ho sognato. Il lavoro va avanti. La struttura dell’opera viva viene completamente modificata ed una parte della superficie rivestita da uno strato di unidirezionale di fibra di carbonio, due strati di tessuto in vetro-Kevlar e resina epossidica. Il giorno dopo lo scafo viene girato e posizionato con la coperta verso l’alto. Asporto poi la parte finale del pozzetto per una lunghezza di un metro.
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