Guida alla scelta di scotte, drizze e cime di bordo
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Perché bisogna cambiare le cime se sembrano ancora in buono stato? Semplice, le cime non hanno vita infinita e, nel tempo, perdono drasticamente le loro proprietà di resistenza al carico e all’allungamento. Le drizze, le scotte e tutte le cime di bordo sono tanto importanti quanto una vela e tutta l’attrezzatura, e se di qualità, aiutano a navigare meglio e in sicurezza. Per esempio: una barca di 12 metri che ha un albero di circa 17 metri, ha una drizza lunga almeno 45/50 metri. Se con un materiale standard, tipo poliestere, ne utilizzate una con un diametro di 12 mm, con un materiale “hi-tech”, tipo Dyneema, potete avere gli stessi, se non più elevati carichi di rottura con una drizza di 8 mm. Quindi minor peso e maggiore tenuta. L’importanza del cordame di bordo viene spesso sottovalutata: tuttavia una buona cima di qualità, permette di regolare meglio le vele e sfruttare ogni refolo d’aria. Ogni materiale di cui sono fatte le cime ha una proprietà particolare: resiste meglio ai carichi, si allunga poco, non soffre ai raggi ultravioletti ecc. Queste caratteristiche vengono ottenute però, non solo con la scelta del materiale più nobile, ma a seconda di come le cime vengono lavorate e intrecciate tra loro. E ognuna è pensata per svolgere un ruolo ben preciso.
COME DEVONO ESSERE LE CIME?
Le drizze devono resistere a lungo a carichi importanti e stabili. Soffrono l’abrasione nei punti di sfregamento di pulegge e deviatori. Non si devono allungare. La cima del rollafiocco rimane sempre al sole ed è quella che si bagna di più con l’acqua di mare. L’importante è che rimanga morbida nel tempo e che la calza sia resistente agli agenti atmosferici. Le scotte vele di prua devono resistere a carichi elevati e discontinui. Non si devono allungare e devono resistere a continue abrasioni causate dallo scorrimento tra bozzelli e winch. La calza deve essere morbida, visto che la si manovra quasi sempre a mani nude, ma deve mantenere anche un buon grip su stopper winch. La scotta randa sopporta un carico elevato, ma grazie a una serie di paranchi, di norma è ben distribuito su più punti della cima. Poiché non si disarma mai, si deve considerare una scotta che sopporti l’usura degli agenti atmosferici. Altre manovre come borose, tesabase, vang rimangono sempre armate. A parte il tesabase, non soffrono carichi eccessivi, ma devono rimanere maneggevoli anche dopo una lunga esposizione al sole e al salino. Guardate le tabelle in calce e fatevi un’idea:
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3 commenti su “Guida alla scelta di scotte, drizze e cime di bordo”
Nella prima tabella non si capisce a che fibra è accoppiato ciascun colore!i
Cecco ha sollevato il frequente problema di chi utilizza (male) tabelle, diagrammi ed altri strumenti grafici per apparire “più professionale”, col risultato di peggiorare la comunicazione invece che migliorarla.
Le tabelle fanno uso dei colori per indicare il materiale più opportuno per ciascuna manovra, ma non riportano in una legenda il significato dei vari colori, rendendole praticamente inutilizzabili.
Stessa cosa dicasi per la formula, la quale, a parte l’utilizzo inopportuno e inutile delle parentesi (sono tutte moltiplicazioni, che possono essere eseguite nell’ordine e associazione che si vuole) indica l’unità di misura per la superficie ma non per l’intensità del vento (nodi? m/s? km/h?) e per il risultato (KN? Kg? quintali? tonnellate?). Anche il risultato è di dubbia correttezza:
Il genoa massimo della mia imbarcazione di 10 m è di 35 mq, che difficilmente può essere portato fino all’intensità del vento di 20 nodi; utilizzando la formula con questi valori (e le stesse unità di misura) si ottiene un carico pari a 73,5 (Kg? KN? quintali?).
Con una qualunque delle unità di misura ipotizzate (fra parentesi) il valore è assurdo, troppo esiguo se espresso in Kg, esagerato se espresso in KN o quintali e non allineato con gli spessori indicati in tabella. Dunque, che valore è?
Altra stranezza della tabella, gli spessori indicati per la scotta di randa sono mediamente uguali o superiori a quelli indicati per la scotta del fiocco, a parità di materiale.
Inverosimile, se si pensa che la scotta del fiocco lavora in diretta mentre quella della randa si trova a caricare, nel caso più sfortunato, non più di 1/4 della trazione complessiva esercitata sul boma. Inverosimile anche considerando attriti e percorrenza che, decisamente superiori nel paranco della randa rispetto a quello molto più diretto e scorrevole del fiocco, impongon per la randa l’utilizzo di scotte più “snelle”.
Mah, ancora un articolo di dubbia utilità.
Credo che ci sia un’imprecisione nella tabella. Infatti mi pare che la formula di Marshall sia:
Superficie velica x velocità del vento al quadrato x 0,02104 x 1,5