Ormai la grande classica del Tirreno, anche se ha solo sette anni, è lei: la 151 Miglia, con partenza da Livorno, passaggi a Marina di Pisa e all’altezza della Gorgona, doppiaggio dell’isolotto della Giraglia, poi giù verso le Formiche di Grosseto, dopo aver sfiorato l’Elba, prima dell’arrivo al Marina di Punta Ala. Quest’edizione, con 208 barche iscritte e 175 al via, è stata la più affollata di sempre.
I PROTAGONISTI
In reale ha vinto il Davidson 70 Pendragon di Nicola Paoleschi, che si è aggiudicato i line honours per la quinta volta con un tempo di 17 ore, 55 minuti e 36 secondi. In ORC, per il secondo anno di fila, la vittoria è andata al Cookson 50 Cippa Lippa 8 di Guido Paolo Gamucci (davanti ad Altair 3 di Sandro Paniccia e SL Energies GRP Fastwabe di Laurent Charmy), mentre in IRC il successo non è sfuggito al Maxi My Song di Pigi Loro Piana (in equipaggio l’ex olimpionico Pietro Sibello e numerosi ex Coppa America tra cui Lorenzo Mazza), secondo in reale a poco meno di due minuti da Pendragon, argento IRC. Sul gradino più basso del podio il Vismara Mills 62 SuperNikka di Roberto Lacorte.
QUELLE MALEDETTE ULTIME 24 MIGLIA…
Eppure, in IRC, fino a 24 miglia dalla fine (vedere lo screenshot del traccino a lato per credere), la situazione era completamente diversa, con in testa Atalanta II (quarta finale) di Carlo Puri Negri, fresca di refitting totale a cura di Felci Yachts. “Partiti davanti alla Marina di Pisa dopo un bastone ed un disimpegno ci siamo diretti di bolina verso la Giraglia“, spiega Puri Negri, “dove in compensato ha girato prima SuperNikka che ci ha superato poco prima della Giraglia. Al successivo passaggio alle Formiche di Grosseto eravamo primi sia di classe che overall e SuperNikka dietro di noi, l’avevamo superata sempre di bolina dopo una lunga battaglia: a quel punto mancavano 24 miglia all’arrivo.
Le due barche avanti in reale (Pendragon e My Song), ma dietro di parecchio in compensato, hanno avuto un vento di 12/14 nodi a 80 gradi da levante e sono andati diritti a Punta Ala, dove era l’arrivo, noi e SuperNikka ci siamo trovati prima in bonaccia e poi con un vento a 140 gradi che ci ha obbligato a numerose strambate per scendere verso Punta Ala. Senza questo cambio di intensità e di angolo del vento la vittoria era nostra“. Sportivamente, aggiunge: “Unico appunto, se avessimo regatato meglio nelle ultime 24 miglia con il salto di vento, avremo potuto battere SuperNikka che ha regatato meglio di noi e ci ha anticipato di 5 minuti. In sintesi, senza il salto di vento nelle ultime miglia i risultati si sarebbero capovolti: terzo e quarto sarebbero stati rispettivamente primi e secondi, mentre il primo e il secondo si sarebbero piazzati terzo e quarto“.
COME TI VINCO LA 151 MIGLIA
In ORC invece chi avrebbe vinto è stato chiaro fin dai primi bordi: il Cookson 50 Cippa Lippa 8 di Gamucci (progetto di Farr del 2005) era davvero imprendibile. “La nostra performance“, racconta Gamucci, vincitore anche della Tre Golfi, “va ricercata nel certosino lavoro di ottimizzazione della barca, specialmente sui parametri chiglia/canard/tensione dell’albero. Inoltre l’allungamento del bompresso di quest’anno ci ha permesso di essere più veloci alle portanti: paghiamo di più in compensato ma ne è valsa la pena“. Ma non è solo merito della barca: “Siamo riusciti a crearci un buco comodissimo nell’affollatissima partenza dell’ORC: sapevamo di essere i più veloci quindi siamo filati via senza problemi. Girata la boa di disimpegno siamo scesi verso Marina di Pisa sotto gennaker. Da lì è iniziata una lunga e impegnativa bolina verso la Giraglia, caratterizzata da una fastidiosissima onda, spesso in prua secca“.
La scelta è stata quella di “preferire la velocità all’angolo per evitare di fermare troppo la barca. A un miglio dalla Giraglia il vento è calato completamente. Non so come, sfruttando forse la corrente e i refoli d’aria, siamo riusciti a girare lo scoglio. Verso l’Elba siamo scesi di gennaker, Code Zero e genoa: nel mentre, finalmente siamo riusciti a cucinarci una bella pasta!“. I veterani della 151 Miglia sanno che l’Elba è il punto critico, dove si può vincere o perdere la regata: “Ci siamo tenuti larghi, verso Capraia. Siamo stati molto lontani da Punta Calamita, poi siamo rientrati più sottocosta perché ci aspettavamo un’alta pressione. Inizialmente ci ha dato scarso, poi il vento è girato pian piano e siamo riusciti ad arrivare alle Formiche di bordo, mure a dritta. Da lì è filato tutto liscio: abbiamo regatato sempre da soli (e questo non è un vantaggio, perché ti mancano i riferimenti diretti), perdendo i contatti visivi con Durlindana III e Altair, nostre avversarie, già dopo la Giraglia“.