Gabart vince la Transat, ma con 25 minuti di troppo
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Venticinque, maledetti, minuti. Quelli che hanno sperato Francois Gabart, a bordo del maxi trimarano Macif, dallo stabilire il record di percorrenza della The Transat Bakerly (l’attuale Ostar), che rimane nelle mani del “professeur” Michel Desjoyeaux (che lo fece registrare nel 2004). Gabart ha impiegato 8 giorni, 8 ore e 54 minuti per completare in solitario le 3050 miglia sulla rotta più breve che va da Plymouth (Gran Bretagna) alla New York (Stati Uniti). Ad ogni modo può gioire. Il biondino degli oceani aggiunge al suo già ricco palmares (che conta le vittorie del Vendée Globe 2012-13, della Route du Rhum e della Transat Jacques Vabre) il trionfo in reale a una regata mitica, confermandosi il velista oceanico più forte degli ultimi tempi. Al secondo posto, con un ritardo rispetto a Macif di 9 ore e 37 minuti, Thomas Coville a bordo di Sodebo.
LA NOSTRA INTERVISTA A GABART
Noi lo avevamo intervistato in esclusiva proprio prima della partenza della The Transat:
– Non hai avuto molto tempo per preparati a questa Transat, come ti sei organizzato?
E’ proprio vero, non abbiamo avuto molto tempo. Nonostante un periodo in cantiere piuttosto breve, Macis è sceso in acqua solo ai primi di marzo e abbiamo lavorato tantissimo in queste otto settimane per metterlo a punto e allenarci. E’ la prima volta che regata in solitario su un trimarano di 30 metri e lo faccio in una regata storica come la Transat e contro i venti dominanti. Si tratta di una regata storica, fin dalla grande vittoria di Eric Tabarly con il Pen Duick II nel 1964. Grazie a quella vittoria, non solo in Francia ma in tutta Europa è nata la passione per vela oceanica.
– Ci puoi spiegare benefici e difetti dei foil?
Prima di tutti bisogna evidenziare che i foil lavorano in maniera diversa su motoscafi e su multiscafi. Sui primi aumentano la potenza della barca, e di conseguenza anche i carichi di lavoro sono altissimi e possono spiegare le rotture degli ultimi mesi. In più aumenta il rischio di colpire un oggetto sommerso e di causare danni seri allo scafo. Sui multiscafi invece i foil hanno lo scopo opposto, ovvero quello di alleggerire il più possibile la barca facendola letteralmente “volare”; e noi skipper dobbiamo essere bravi proprio a gestire il lato “aereo” della navigazione. Non a caso oggi non si dice più “timonare” un trimarano ma “pilotare”.
– Con un trimarano che ha queste caratteristiche, nella Transat cercherete di fare un rotta più lunga ma con venti favorevoli o una rotta più diretta?
Il percorso più breve per raggiungere New York è davvero molto molto a nord, vicino ai ghiacci. Per navigare con gli alisei dovremmo navigare tanto a sud, aumentando così tantissimo le miglia da percorrere. Sinceramente non è possibile adesso sapere già quale percorso prenderemo.
– Tu ha navigato molto in solitario, ma anche in coppia. Quali sono le principali differenze?
La differenza è enorme. Prima di tutto a livello di sonno: quando si naviga in coppia si può andare a dormire per davvero, senza pensieri, perché c’è completa fiducia nell’altro membro dell’equipaggio e si possono dividere le responsabilità Quando si naviga in solitario non si dorme mai per davvero, si rimane in uno stato di allerta. Poi, quando si è da soli ogni manovra a bordo diventa più complicata. In due si può tranquillamente effettuare delle riparazioni mentre l’altro è al timone, oppure salire in testa d’albero. Da soli è tutta un’altra storia.
– Come funziona la preparazione fisica di uno skipper a una regata oceanica?
Per quanto mi riguarda, navigo ovviamente tanto e quando sono a terra cerco di fare più sport possibile: corsa, bicicletta, kayak, nuoto. Il mio obiettivo è avere sempre una preparazione fisica ottimale e soprattutto completa: non serve niente essere velocissimi o molto forti; la chiave è essere completi.
– Sei stato il più giovane vincitore del Vendée Globe, poi nel 2014 hai portato a casa la Route du Rhum e nel 2015 la Transat Jacques-Vabre. E in futuro?
Alla fine di maggio tenterò di raggiungere il Record Atlantico, mentre nel 2017 l’obiettivo è il record del giro del mondo e nel 2018 l’obiettivo è la Route du Rhum. Ma il mio obiettivo personale, a prescindere dal nome della sfida, è quello di riuscire a “volare” in mezzo all’oceano raggiungendo sempre la massima velocità.
– Uno skipper professionista come voi trova mai il tempo di andare in crociera?
(François ride) Un po’ sì; possiedo un piccolo RM890 e quando ho un po’ di tempo libero lo dedico a mio figlio di 4 anni e magari andiamo in barca. Gli RM sono scafi veloci, ma il loro compito è di portarmi in fretta da una baia all’altra; in quei momenti non cerco la prestazione, mi prendo tutto il tempo per rilassarmi, magari pescare…
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