Il futuro della sicurezza è il giubbotto col cappuccio
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Per chi fa regate d’altura, arriva l’obbligo di avere a bordo i giubbotti salvagenti dotati di sprayhood. Dal 2 maggio è entrata in vigore la nuova normativa del World Sailing Offshore Special Regulations che prevede la dotazione obbligatoria del cappuccio sul salvagente: una scelta comprensibile perché con venti forti è più facile che l’acqua nebulizzi sul livello del mare, rendendo ardua la respirazione senza un’adeguata protezione. La normativa è valida per le classi d’altura da 0 a 3, quindi, per capirci, da chi fa il Vendée Globe a chi si lancia nella Giraglia.
Solitamente, il cappuccio integrale è realizzato in materiale morbido e trasparente, è collegato al giubbotto ed è in grado di mantenere al suo interno una temperatura più alta rispetto all’esterno, massimizzando le possibilità di sopravvivenza in acqua.
A PROPOSITO DI AUTOGONFIABILI
A proposito, sia che dobbiate ancora comprare un modello autogonfiabile, sia che già lo possediate, ecco tutto quello che c’è da sapere. In Italia, rispetto a paesi caratterizzati da una cultura marinara più evoluta come Francia e Inghilterra, spesso il diportista sottovaluta alcuni dettagli a prima vista insignificanti, ma che in condizioni estreme potrebbero rivelarsi determinanti. Come scegliere il proprio giubbotto correttamente, in modo da massimizzare le proprie possibilità di sopravvivenza in mezzo al mare?
SCEGLIERE IL MODELLO GIUSTO
Recentemente in Italia è stato introdotto l’obbligatorietà, per le imbarcazioni di nuova immatricolazione, dei giubbotti salvagente autogonfiabili da 150 Newton. Il mercato degli autogonfiabili si è molto ampliato negli ultimi anni, con modelli e prezzi più svariati, ragione per cui è necessario prestare particolare attenzione a scegliere quello giusto per voi. In fase d’acquisto, indossatelo per assicurarvi della congruenza con la vostra capacità toracica e che lo spazio tra la vostra ascella e la cinghia di chiusura non sia troppo elevato per evitare che, una volta caduti in acqua, il giubbotto (che esercita una spinta verso l’alto opposta a quella del vostro corpo) vi si sfili dalla testa. Sono da preferirsi inoltre i modelli con il gancio di attacco alla safety-line incorporato e che abbiano il colletto in neoprene o materiali simili: quando indossate il giubbotto, il colletto va a contatto con la pelle, che rilascia grasso. Il grasso è il peggior nemico della gomma (una spalmatura di lattice, solitamente, trattiene la camera d’aria), per cui se il colletto non ha protezioni ricordatevi, in fase di utilizzo, di mettervi una maglia a collo alto.
Infine, valutate attentamente i vostri piani di navigazione: se affrontate navigazioni al di fuori del Mediterraneo, potreste aver bisogno di un modello con una camera di gonfiaggio più ampia (al di sopra dei “canonici” 150 N) dotato di sprayhood, perché con venti forti è più facile che l’acqua nebulizzi sul livello del mare, rendendo ardua la respirazione senza un’adeguata protezione. Non spaventatevi se la camera d’aria non ha forma regolare, ma presenta un lato più sviluppato dell’altro: non è un difetto di fabbricazione, ma agevola anzi il raddrizzamento con faccia al cielo in caso di caduta in mare in stato di incoscienza. Particolare importanza riveste la presenza o meno del cosciale, assente nei modelli più economici: potrete realizzarlo da soli cucendo una fettuccia nella parte posteriore del giubbotto e legandola al gancio per la safety-line con una gassa d’amante. Controllate che le cuciture delle cinghie siano di colore differente rispetto alle cinghie stesse, in modo da poter agilmente verificare il loro stato d’usura.
CON PASTIGLIA O IDROSTATICO?
In commercio, se si tolgono i modelli a gonfiaggio manuale (simili a quelli che trovate sugli aerei), esistono due tipi di giubbotto autogonfiabile: con bomboletta e pastiglia al sale o idrostatici. I primi hanno al loro interno una pastiglia che si scioglie a contatto con l’acqua, fungendo da “detonatore” per la bomboletta, che in genere viene attivata dopo un paio di secondi. Molto efficaci, sono sensibili all’umidità per cui necessitano di una particolare manutenzione: in inverno toglieteli da bordo, estraete bomboletta e pastiglia e sciacquateli con acqua dolce. Se volete potete lasciarli in barca, ma solo se disarmati. I giubbotti di tipo idrostatico sono dotati di una speciale fessura tarata per aprirsi a una profondità prestabilita (non più di 30 centimetri). Hanno il vantaggio di non gonfiarsi anche se venite investiti da secchiate d’acqua ma la loro manutenzione è difficile (vi conviene affidarla a manodopera specializzata) e i costi sono più elevati.
MANUTENZIONE
Alla fine di ogni stagione è bene che operiate un controllo sull’autogonfiabile: aprite il giubbotto agendo sulla chiusura a strappi o sul velcro, estraete la bomboletta e la pastiglia salina all’interno e gonfiate manualmente la camera d’aria. Fatelo utilizzando un gonfiatore (andranno benissimo quelli a “cupola” da campeggio) e non a bocca, perché il vostro fiato contiene umidità che potrebbe rovinare la gomma. Una volta gonfiato, appoggiatelo su un bancone e assicuratevi che rimanga perfettamente gonfio per almeno 12 ore. Se perde volume durante questo lasso di tempo, spalmatelo di sapone per controllare che lo sgonfiamento sia causato effettivamente da una perdita (e non da una variazione di temperatura dell’aria): così fosse, non procedete a una riparazione bensì sostituite l’intera camera d’aria.
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