Oltre tremila miglia, da Plymouth a New York, a sfidare il freddo oceano. La Ostar ha cambiato nome, si chiama “The Transat Bakerly”, ma lo spirito è sempre lo stesso. Parte oggi la più famosa e antica transatlantica in solitario di sempre: la prima edizione andò in scena nel 1960, ideata da Sir Francis Chichester, che la vinse a bordo del Gypsy Moth III. Su 25 barche al via, ben 19 sono francesi. In gara Class 40, Multi 50, IMOCA 60 e maxi trimarani Ultime. Tra i tanti, Yves Le Blevec, Vincent Riou, Sebastien Josse, Thomas Coville, Erwan Le Roux, Gilles Lamire e Loick Peryron, il quale correrà a bordo del mitico Pen Duick II appartenuto al leggendario Eric Tabarly, vincitore della seconda edizione della regata nel 1964.
A poche ore dalla partenza, noi ne abbiamo approfittato per fare quattro chiacchiere con il grande favorito per la vittoria in tempo reale, a bordo del maxi trimarano Macif: Francois Gabart, il “biondino degli oceani”, vincitore nel 2013 del Vendée Globe e sicuramente tra i più forti navigatori oceanici di sempre.
– Non hai avuto molto tempo per preparati a questa Transat, come ti sei organizzato?
E’ proprio vero, non abbiamo avuto molto tempo. Nonostante un periodo in cantiere piuttosto breve, Macis è sceso in acqua solo ai primi di marzo e abbiamo lavorato tantissimo in queste otto settimane per metterlo a punto e allenarci. E’ la prima volta che regata in solitario su un trimarano di 30 metri e lo faccio in una regata storica come la Transat e contro i venti dominanti. Si tratta di una regata storica, fin dalla grande vittoria di Eric Tabarly con il Pen Duick II nel 1964. Grazie a quella vittoria, non solo in Francia ma in tutta Europa è nata la passione per vela oceanica.
– Ci puoi spiegare benefici e difetti dei foil?
Prima di tutti bisogna evidenziare che i foil lavorano in maniera diversa su motoscafi e su multiscafi. Sui primi aumentano la potenza della barca, e di conseguenza anche i carichi di lavoro sono altissimi e possono spiegare le rotture degli ultimi mesi. In più aumenta il rischio di colpire un oggetto sommerso e di causare danni seri allo scafo. Sui multiscafi invece i foil hanno lo scopo opposto, ovvero quello di alleggerire il più possibile la barca facendola letteralmente “volare”; e noi skipper dobbiamo essere bravi proprio a gestire il lato “aereo” della navigazione. Non a caso oggi non si dice più “timonare” un trimarano ma “pilotare”.
– Con un trimarano che ha queste caratteristiche, nella Transat cercherete di fare un rotta più lunga ma con venti favorevoli o una rotta più diretta?
Il percorso più breve per raggiungere New York è davvero molto molto a nord, vicino ai ghiacci. Per navigare con gli alisei dovremmo navigare tanto a sud, aumentando così tantissimo le miglia da percorrere. Sinceramente non è possibile adesso sapere già quale percorso prenderemo.
– Tu ha navigato molto in solitario, ma anche in coppia. Quali sono le principali differenze?
La differenza è enorme. Prima di tutto a livello di sonno: quando si naviga in coppia si può andare a dormire per davvero, senza pensieri, perché c’è completa fiducia nell’altro membro dell’equipaggio e si possono dividere le responsabilità Quando si naviga in solitario non si dorme mai per davvero, si rimane in uno stato di allerta. Poi, quando si è da soli ogni manovra a bordo diventa più complicata. In due si può tranquillamente effettuare delle riparazioni mentre l’altro è al timone, oppure salire in testa d’albero. Da soli è tutta un’altra storia.
– Come funziona la preparazione fisica di uno skipper a una regata oceanica?
Per quanto mi riguarda, navigo ovviamente tanto e quando sono a terra cerco di fare più sport possibile: corsa, bicicletta, kayak, nuoto. Il mio obiettivo è avere sempre una preparazione fisica ottimale e soprattutto completa: non serve niente essere velocissimi o molto forti; la chiave è essere completi.
– Sei stato il più giovane vincitore del Vendée Globe, poi nel 2014 hai portato a casa la Route du Rhum e nel 2015 la Transat Jacques-Vabre. E in futuro?
Alla fine di maggio tenterò di raggiungere il Record Atlantico, mentre nel 2017 l’obiettivo è il record del giro del mondo e nel 2018 l’obiettivo è la Route du Rhum. Ma il mio obiettivo personale, a prescindere dal nome della sfida, è quello di riuscire a “volare” in mezzo all’oceano raggiungendo sempre la massima velocità.
– Uno skipper professionista come voi trova mai il tempo di andare in crociera?
(François ride) Un po’ sì; possiedo un piccolo RM890 e quando ho un po’ di tempo libero lo dedico a mio figlio di 4 anni e magari andiamo in barca. Gli RM sono scafi veloci, ma il loro compito è di portarmi in fretta da una baia all’altra; in quei momenti non cerco la prestazione, mi prendo tutto il tempo per rilassarmi, magari pescare…