DOVE VANNO LE BARCHE? La bella analisi di un nostro lettore
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Vincenzo Arienti è un grande appassionato di vela, nostro lettore da diversi anni. Bolognese, laureato in Medicina e Chirurgia, dal 1998 ad oggi è Direttore della UO Med. Int. A dell’Osp. Maggiore di Bologna e ricopre vari incarichi di insegnamento. E’ anche autore di oltre 700 Corsi-congressi e pubblicazioni. La sua passione per la vela lo ha portato a iniziare con i mitici Meteor e Comet 700 (“avevo persino pensato di affrontare l’oceano col Meteor!”, ci ha raccontato). Dopo tanti anni di regate, negli Anni 90 compra uno Swan 51, col quale naviga per tutto il Mediterraneo, poi si alterna tra un GS50 e le regate sul Platu 25. Oggi, si diverte uscendo in solitario su un First 21.7.
Ci ha inviato in redazione un bel resoconto dell’ultimo salone di Genova, con un’analisi molto attenta, vista con gli occhi di un vero appassionato, delle novità che caratterizzano le barche dell’ultima generazione. La pubblichiamo volentieri e vi chiediamo: ci sono altri particolari e caratteristiche che vi hanno colpito ai saloni autunnali?
LE IMPRESSIONI DI UN APPASSIONATO DELLA VELA
Ho sempre frequentato il salone di Genova per trascorrere una giornata nel mondo della vela, per chiacchierare con gli amici di cantieri, velerie, accessori e strumentazione varia. Così anche quest’anno, superati i 65 anni (di cui 40 passati da armatore, regatante e crocierista), propongo agli amici/soci di sempre di andare insieme a Genova. Alcuni rinunciano perché impegnati, altri per disaffezione, ed alla fine mi ritrovo solo; la passione è tale però per cui, alla fine decido di partire e, alla guida della mia auto, mi faccio più di 600 Km.
Vado al salone con uno scopo ben preciso, vedere cosa offre il mercato del nuovo rispetto all’usato, che ho di recente valutato, sia nella fascia dei natanti 35 piedi (sotto i 9.99 mt per intenderci) da acquistare da solo, sia nella fascia 50 piedi da acquistare con gli amici/soci armatori di cui sopra, anche se si sentono un po’ troppo attempati per gestire una barca a vela di 15 metri.
Il fatto di essere passato da imbarcazioni piccole, poi più grandi ed infine nuovamente piccole riflette quella che è la naturale evoluzione del velista: dapprima giovane inesperto, successivamente esperto con maggiori risorse ma poco tempo ed infine con tanto tempo ma ahimè anche maggiori limitazioni fisiche.
Affluenza. Non conosco quali siano stati i dati sulla affluenza alla fine del salone ma sono rimasto sorpreso dal non trovare a 10 minuti dalla apertura nessuna fila sia alla biglietteria sia ai tornelli. E ciò nonostante la contrazione delle giornate di esposizione di quest’anno ed il fatto che le previsioni meteo fossero propizie proprio per il mercoledì, prima giornata del salone. All’apertura dei cancelli saremmo stati in circa 70 visitatori. “Bene” mi sono detto, così avrò certamente la possibilità di vedere un maggior numero di imbarcazioni senza la solita attesa del proprio turno in banchina.
Preparazione di alcuni espositori. Dovendo trovare un difetto a questo Salone, credo che la preparazione del personale addetto alla presentazione delle imbarcazioni, in genere preparato, è stato alcune volte incompetente anche su aspetti fondamentali del prodotto da presentare. A titolo di esempi: non sono riuscito a conoscere chi aveva disegnato lo scafo o gli interni; se la barca poteva essere fornita anche in versione crusier o cruiser-racer, con altro bulbo, albero e superficie velica, sartiame in tondino, winches maggiorati e così via; parlando di polari sono stato guardato come un marziano, ecc… In conclusione, in alcuni casi il personale non è stato in grado di trasmettere il valore aggiunto del modello presentato dal proprio cantiere rispetto a quello simile dei concorrenti. Personalmente ritengo che, soprattutto in un momento di massima competizione, alcuni cantieri avrebbero dovuto dedicare maggiore attenzione a questo aspetto!
Salone di Genova 2015, quale sottotitolo? Se mi si chiedesse di dare un sottotitolo al salone di Genova 2015 consiglierei quello di “ricerca ed innovazione” in quanto, mai come quest’anno, ho potuto apprezzare come molti cantieri abbiano sviluppato una ricerca approfondita di soluzioni innovative e abbiano esposto le loro novità, sia come elementi di “upgrade” dei loro prodotti su sperimentazioni già consolidate in anni recenti, sia come elementi di assoluta innovazione, grazie al trasferimento di conoscenze e suggerimenti da parte di esperti che in barca ci vanno sul serio e non restano fermi in porto, ben saldi alle loro briccole. Sono rimasto assolutamente impressionato e soddisfatto di questa mia visita al salone. Bravi, veramente bravi a tutti coloro che si sono mossi in tale direzione! In un momento di crisi, soprattutto quello nazionale in generale, e della nautica in particolare, il consiglio di “aguzzare l’ingegno” e di inventarsi qualcosa di nuovo diventa imperativo per attirare a sé una clientela certamente “assottigliata”. Tale percorso e tale impegno avrà giustamente premiato lo sforzo di coloro che si sono mossi in tale direzione.
Ricerca ed innovazione. In sintesi, gli elementi di consolidamento e di innovazione che ho potuto vedere sono rappresentati da:
a) forma delle carene
b) uso di materiali specifici di costruzione (es. parti in carbonio)
c) incremento dei volumi interni (cabine, dinette, stivaggio)
d) aumento considerevole della luminosità degli interni e del campo di vista esterno
e) miglioramento degli spazi e della vivibilità anche in coperta
f) navigazione più veloce e più gradevole
g) semplicità delle manovre.
Le linee e forme di carena a “V”, con baglio praticamente massimo e a spigolo molto arretrato a poppa (Fig. 2), comportano indubbi vantaggi quali l‘incremento degli spazi, tali per cui un 35 piedi odierno può raggiungere gli spazi di un vecchio 40, e l’aumento della velocità, sia a vela che a motore.
L’uso sempre maggiore del carbonio (fibra rigida, leggera, resistente) è una costante degli ultimi anni sia per la realizzazione dello scafo che per alberi, bomi, tangoni, timoni, delfiniere, roll bar, passerelle ecc… (Fig 3)
Relativamente a aumento di volumi interni, luminosità e visione panoramica vi è stata una vera e propria rivoluzione. Per anni il velista, differentemente dal vicino di posto barca con motoscafo, non ha goduto di un’ampia visione del paesaggio circostante in dinette, in cucina o al tavolo di carteggio (Fig. 4-5). Tipicamente si dice che il velista sottocoperta scende in cantina o in semiinterrato, con poche e piccole finestrature poste solo in alto, rispetto al piano di vista, per cui la visione è solo verso il cielo.
Non a caso, per richiamare l’attenzione di un velista che è sottocoperta è necessario urlare o bussare sulla scafo! Pertanto bene hanno fatto tutti quei cantieri che già da qualche anno hanno predisposto ampie finestrature chiuse ad altezza di occhi sia in dinette che nelle cabine, permettendo la vista all’esterno sia in piedi che da seduti (Fig 5-6).
Alcuni cantieri si sono spinti oltre favorendo ulteriormente la visione panoramica mediante il rialzo del piano del pagliolato, su due livelli o su un unico livello. Questo ha un duplice vantaggio: da un lato c’è un ulteriore incremento della visione, luminosità e aereazione, dall’altro si ha un aumento considerevole dello spazio di stivaggio in sentina.
Sempre in tema di sottocoperta e arredamento interni, appare strano come a tutt’oggi alcuni cantieri non prevedano ancora, per le finestrature chiuse, oscuranti scorrevoli, e, per quelle apribili, oscuranti da un lato e zanzariere dall’altro, possibilmente entrambi retraibili. Quante volte vanno persi gli oscuranti “volanti” durante una crociera? Quante volte non si riesce a riposare perché si è “mangiati vivi” dalle zanzare, o ancora peggio, attaccati da uno sciame d’api o vespe durante il pranzo? C’è da chiedersi se alcuni disegnatori di interni abbiano mai fatto una vacanza in barca!
A proposito del riposo in cabina, una soluzione decisamente moderna ed innovativa l’ha proposta un cantiere prevedendo, in una delle cabine doppie di poppa, un letto scorrevole che consente di poter predisporre un matrimoniale o due letti singoli, a seconda delle necessità. Nei charter questa soluzione consente peraltro di sistemare al meglio i “single”, evitando loro di dover condividere un letto con persone non conosciute (Fig. 7).
Infine, elemento che può risultare gradito, nelle barche di una certa dimensione con tavolo fisso in pozzetto, è rappresentato dalla sistemazione all’interno del tavolo di un minifrigo esterno che consente ad esempio di avere una bevanda fresca a disposizione, senza dover scendere sottocoperta. I componenti dell’equipaggio più esperti o scansafatiche, scegliete voi, in queste situazioni generalmente sopportano l’arsura e attendono il momento risolutivo in cui qualcuno scende sottocoperta, pronti a ricorrere al classico “scusa, già che se lì mi passeresti….”.
Un altro aspetto interessante è la copertura dei fornelli con un piano di lavoro e appoggio ribaltabile, che risulta utile per creare maggiore spazio a pranzo quando si preparano piatti freddi (insalate, pomodori, insaccati e formaggi) e si necessita di più piani di appoggio per appoggiare i taglieri e stoviglie.
Anche per quanto riguarda il piano di coperta, la ricerca sviluppata da alcuni cantieri ha portato sia ad un “upgrade” di elementi già consolidati sia ad assolute novità. Ciò in funzione del prevalente indirizzo dei costruttori verso un progetto di cruiser (in maggioranza) o cruiser racer (solo alcuni), cercando di soddisfare le principali esigenze del cliente:
a) migliori prestazioni sia a vela che a motore
b) maggiore semplicità delle manovre a vela in mare aperto, in modo da poter imbarcare anche non esperti;
c) maggiore semplicità delle manovre in porto, all’ancora o alla presa di gavitello, al fine di agevolare il compito dell’armatore / timoniere / skipper da solo o con equipaggio ridotto. Il tutto senza stress, evitando le spiacevoli sceneggiate da “banchina” con urla ed insulti a mogli, figli o amici non opportunamente preparati;
d) aumento degli spazi e migliore vivibilità anche in coperta.
Stiamo assistendo, da alcune decadi, ad un progressivo e costante invecchiamento della popolazione e questo vale anche per gli armatori ed i loro amici. I marina sono infatti sempre più affollati da imbarcazioni che non navigano più. Ma c’è chi nonostante l’età che avanza in barca a vela vuole continuare ad andare, possibilmente con minore fatica e complessità di conduzione.
Per questo motivo, analogamente a come visto per gli interni, anche per quanto riguarda il piano di coperta e le attrezzature, i cantieri (chi più chi meno…) sono andati nella direzione delle principali già citate necessità dell’armatore. Esempi concreti di tutto ciò li troviamo:
a) nella delfiniera a prua o nel tangone a scomparsa per armare il gennaker con avvolgi gennaker a circuito unico (mutuati dalle regate oceaniche in solitario) anche su piccole barche (mini o class 40);
b) rullafiocchi sottili, spessi solo qualche cm, della stessa ampiezza della fettuccia che si arrotola su se stessa, in modo da non incattivirsi nella sovrapposizione, e che è poi impiombata ad una cima rinviata in pozzetto (Fig 8);
c) rullafiocchi non visibili in quanto, essendo molto sottili, sono alloggiati all’interno del gavone dell’ancora (Fig 8). Con tale soluzione la vela di prua aumenta la sua superficie non essendo la base del genova tagliata più alta, sopra l’avvolgifiocco esterno, circa all’altezza delle draglie;
d) albero spostato più a prua con maggiore randa e fiocco ridotto, auto virante, con rotaia davanti all’albero (Fig 16);
e) rotaie per i genova che presentano una lieve sovrapposizione, più corte e montate sopra la tuga e non a fianco di essa;
f) sartie attaccate alla fiancata esterna dello scafo con migliore passaggio fra poppa e prua (Fig 16);
g) trasto della randa o davanti alla capottina o sopra il roll bar in carbonio, con conseguente grande pulizia e abitabilità in pozzetto. Il roll bar ha inoltre altri vantaggi: protegge da pericolose strambate, consente di alloggiare al suo interno luci pozzetto e altoparlanti, infine può rappresentare il punto di attacco per stendere un comodo tendalino;
h) arretramento dei winches (eventualmente elettrici) vicino alle ruote dei timoni in modo
che il timoniere possa eseguire le manovre anche da solo, in completo controllo dell’imbarcazione, semplicità di manovra e senza sforzi eccessivi;
i) nelle barche più piccole, fino ai 35 piedi, crocette acquartierate con scomparsa, oltre al trasto randa montato su roll bar, persino del paterazzo!
k) sempre nelle barche piccole, al fine di aumentarne le dimensioni esterne, posizionamento di una plancetta ribaltabile per il bagno, la doccia, il prendisole e la discesa a terra, grande come tutta la poppa!
Anche in coperta l’orientamento generale è quello di creare spazi (non occupati da cime, carrelli, rotaie, stopper, winches, ecc…), favorire la vivibilità e incrementare la semplicità di conduzione della barca.
Per concludere, oltre al fatto di aver trascorso una giornata di sole al salone, ho potuto godere della visione di barche, sia nella fascia dei 9.99 che dei 15 mt , con grande scelta di caratteristiche, qualità, tipologia (cruiser, cruiser-racer e racer) e prezzo.
Complimenti a tutti i cantieri che hanno presentato le maggiori innovazioni, sono certo che ne abbiano ricevuto un ritorno sia di immagine che economico. Se, fino a qualche anno fa, poteva essere vantaggioso acquistare un buon usato, in quanto le sue caratteristiche erano grossomodo simili al nuovo, oggi la maggior parte dei cantieri ha creato una rilevante differenza, non solo tecnologica e di abitabilità ma sotto numerosissimi aspetti.
Vincenzo Arienti
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7 commenti su “DOVE VANNO LE BARCHE? La bella analisi di un nostro lettore”
Più o meno tutto ok. Incondivisibile invece : sartie a murata, una schifezza che inibisce l’uso di un genoa più generoso , ed inlotre al contraio, peggiora il passavanti perchè si finisce nella sartia bassa . E’ una soluzione che ha il solo scopo di risparmiare materiali . Un’altra cosa che manca è l’incasso delle drizze in calandra sulla coperta della cabina , e creare la coperta della cabina stessa piatta e con battuta verticale laterale , in modo da creare un area per stendersi liberamente . Ah un’altra cosa assurda e modaiola è la poppa aperta che non serve a nulla, è scomoda e non consente di sedersi verso il timone e quel che è peggio da senso di insicurezza specialmente con mare formato o in alto mare..col rischio di cadere in acqua !
Grazie Gino, Giuseppe e Marco per i Vs interventi. Mi scuso per il ritardo di risposta, causa impegni di lavoro fuori sede, ma lo faccio ora in modo cumulativo nel box di Marco.
vedi risposta a Marco
Complimenti al professore per l accurata recensione, dove con meticolosa indagine strumentale e occhio clinico,riesce a fare una descrizione evoluzionistica circa le migliorie e novita in ambito velico e non solo. Per la visita individuale presso il salone nautico beh, bastava una semplice comunicazione per organizzare, ante tempus,un folto gruppo di patiti sfegatati… disponibile a solcare ogni meta,sospinto dal vento di fratellanza e amicizia,per condivere una passione incontenibile,quella della si sua maesta vela.
vedi risposta a Marco
Bravo Vincenzo! Come al solito una disamina puntuale sui vari aspetti.Il punto di vista è di chi ormai vuole godere la vela senza distruggersi fisicamente ad ogni uscita come spesso accade ai patiti della regata che, di fronte a certe soluzioni, storcono il naso ( finchè il fisico gli regge).
Per quanto riguarda il personale degli stand, è vero spesso è impreparato ma, chi ti conosce, sà che dura prova devono affrontare.
PS se mi davi una voce probabilmente avremmo stressato in due quei poveri espositori.
Grazie Gino, Giuseppe e Marco per i Vs interventi. Mi scuso per il ritardo di risposta, causa impegni di lavoro fuori sede, ma lo faccio ora in modo cumulativo nel box di Marco.
Grazie Gino per il “più o meno tutto ok”. Per quanto riguarda i due elementi di non condivisone (non tanto col mio pensiero ma soprattutto con quelle che sono le tendenze del mercato che ho solo riportato, come il GDV ha infatti giustamente intitolato l’articolo “dove vanno le barche?….), ti confermo che, pur se in controtendenza, si può anche essere d’accardo. Bisogna però specificare che ti riferisci ad una determinata tipologia di barca (cruiser versus cruiser racer o racer) e, nell’ambito dei cruiser, ad una certa tipologia di armatore: quello che vuole navigare in sicurezza (poppa chiusa) e comodo (seduto fronte prua, con ampi gavoni di stivaggio) versus chi preferisce una barca (poppa aperta) che navighi molto bene vela, anche con le “bavette”; costui infatti rinuncia ai gavoni di poppa, mette i pesi al centro, ha la comodità di passaggio sia per il bagno in mare che per scendere in banchina. Il tutto senza inficiare poi tanto sulla sicurezza, in quanto con tutte le barche con poppa aperta e draglia poppiera sganciabile che navigano quotidianamente, anche negli oceani, non è che abbiamo riscontri frequenti di “uomo a mare” causato dalla poppa aperta. Anche per quanto riguarda l’eventuale intralcio al passaggio poppa-prua, determinato dalla sartia bassa in caso di “sartie a fiancata”, bisogna distinguere se parliamo di barca piccola 15 mt, in queste ultime la sartia bassa non è di nessun intralcio al passaggio. Con tale soluzione inoltre è ovvio che bisogna dare maggiore importanza di “tela” alla randa rispetto al genova, che in tali soluzioni frequentemente è auto virante, con tutti i vantaggi che ne conseguono. Chi è nel giusto o nello sbagliato? A mio avviso nessuno, in quanto, pur nella stessa fascia del cruiser, è giusto che l’armatore adatti il modello alle proprie finalità esigenze: tipo di scafo, poppa aperta o chiusa, armamenti (alberi, tangoni e vele), rollbar, gruette per il tender, batterie solari, avvolgi fiocco o randa, ecc…
Un esempio personale, quando giocoforza bisogna ammainare le vele e accendere il motore, io mi annoio da morire e solitamente vado nella cabina di prua, lontano dal rumore motore, con i tappi alle orecchie a leggere un libro! Un altro esempio tipico di barca personalizzata? Mentre negli anni 80 facevo regate con due V classe IOR e nei 90 navigavo il mediterraneo con uno Swan 51, il mio sogno ricorrente di vela cruiser over 65, era continuare a navigare con mia moglie con la seguente barca: lunghezza max 10-11 mt, poppa chiusa, interni a tipo scafo svedese (sai bene a chi mi riferisco, tipo baita di alta montagna), armata a ketch e con due rullafiochi a prua (manovre tutte semplici e alla notte la mezzanina che non ti fa dondolare), gruette a poppa x salvare la schiena nel tirare su il tender o il suo motorino, sulle gruette montate batterie solari e radar ecc…. Sarà ben particolare tale cruiser? Certo che sì ma è perfetto per quella finalità. In quegli anni fotografavo l’organizzazione dei lui e lei “anzianotti” in giro per il mondo (bandiere americane, australiane, del nord Europa, ecc..) e la scelta era quasi sempre costretta su tale tipologia di barca (si può dargli torto?). Erano sicuri e sereni tanto che arrivati in porto vedevi lui che si dedicava ai lavoretti di manutenzione in barca (es. puliva un winch) mentre lei in pozzetto sferruzzava a maglia il maglione per l’inverno. Quale scenetta rende meglio l’immagine della serenità per chi è stato contagiato dalla vela?
Ciao e buon vento…
Grazie Giuseppe per i complimenti. La “meticolosa indagine strumentale e occhio clinico” a cui ti riferisci le ho applicate infatti anche a tutte le barche che ho avuto, prestando loro tutta l’attenzione e cura che meritano! Coloro che hanno avuto l’occasione di vederle e/o di navigarci hanno sottolineato tale aspetto persino maniacale (sentina asciutta senza una briciola o capello, motore brillante anche lui con sentina pulita). La medicina ci ha insegnato che è molto meglio prevenire che curare e così vale anche per la barca ed il motore in particolare. Solo se puoi facilmente individuare la polverina nera da usura delle cinghie o la prima goccia di olio che cade nella sua sentina puoi prevenire spiacevoli danni e inconvenienti al motore. Tutti gli strumenti ben tenuti e funzionanti. Tutte le manovre di uso dell’imbarcazione trascritte sul libro di bordo e, ove necessario, fotografate e filmate su chiavetta USB (luci, strumenti di navigazione, uso del frigo, pompe dei bagni, water press, windlass, scaldabagno, terzaruoli, tendalino, motore tender…..). Le perizie effettuate sulle mie hanno concluso con il “no comment” e “seppur imbarcazioni di oltre 10 anni sembra uscita ora dal cantiere”.
Le barche a vela si meritano tutto ciò!
Ci teniamo in contato per il prossimo salone. Evviva la vela!
Grazie Marco per i complimenti. I cantieri ce l’hanno veramente messa tutta per fare in modo di permetterci di continuare ad andare a vela senza bisogno della convocazione dell’esercito di ragazzoni palestrati ad ogni uscita in mare (con tutta l’ammirazione, il rispetto e l’invidia che mi fanno, essendo stato anche io in altri tempi uno sportivo agonista). Oggi anche da solo, in mezzo al mare con l’autopilota inserito, puoi gestire facilmente un 50m piedi che necessita di un secondo esperto, soprattutto per le manovre in porto.
Bravi cantieri e grazie che ci permettete ancora di navigare!
Ci teniamo in contato per il prossimo salone. Evviva la vela!
PS. Fatevi tutti vivi sulla mia mail che presto avrò bisogno di voi per fare una pazzia (antigua race, navigazione su un Farr 52 o Swan 60?). Vedremo…..
Vi abbraccio, Vincenzo