Claudio Maletto: "Vi spiego io cosa c'è sotto le barche di oggi"
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Sott’acqua in questi ultimi anni è successo qualcosa di nuovo e positivo per le barche a vela. Rispetto alle carene progettate nei primi anni del 2000 l’aspetto più evidente che notiamo tutti è quello spigolo che ormai caratterizza anche molte delle barche di serie, dopo la sua prima apparizione negli scafi della Volvo Ocean Race, classe Open 60 e Class 40. Ma non è solo questa la rivoluzione delle carene che porta le barche a navigare oggi più veloci a motore e a vela con migliori prestazioni ed equilibrio sia in andature larghe sia in bolina.
Il punto di svolta di questa positiva evoluzione che sta, lo ripetiamo, influenzando anche le barche di serie e non solo i prototipi da regata, è da ricondurre al 2007. In quell’anno, terminata la Coppa America con la vittoria di Alinghi, venne impostato un nuovo regolamento per barche da 90 piedi (28 m) che prevedeva limiti solo per lunghezza fuori tutto, larghezza e pescaggio massimo e peso minimo. Massima libertà, quindi. I team progettuali si scatenarono, liberi di concepire, la barca monoscafo più performante della storia della Coppa America. Poi la Coppa ha preso un’altra direzione che ben sappiamo: quella dei multiscafi, delle ali rigide, dei foil che fanno volare le barche. Qualcosa che di certo ha poco a che fare con le barche con cui andare in crociera. Almeno per ora. Ma il progresso nei monoscafi aveva preso una nuova strada.
Abbiamo chiesto a Claudio Maletto, designer di scafi campioni del mondo, che ha lavorato per anni nei team progettuali di Coppa America del Moro di Venezia e di Luna Rossa, di spiegarci questa rivoluzione. Claudio, portandoci ad esempio l’evoluzione delle carene della classe più all’avanguardia e competitiva, i TP 52, ci ha prodotto questi schizzi e queste note tecniche, sicuramente non semplici da comprendere, ma interessanti per capire qual è stata l’evoluzione delle carene che, con trasferimento di tecnologia dalla regata alla produzione di serie, sta portando a questa rivoluzione nelle prestazioni e nelle forme delle barche contemporanee.
CLICCATE SUL DISEGNO PER VEDERE COM’E’ CAMBIATO LO SPECCHIO DI POPPA
“Gli schizzi che vedete illustrano un confronto tra la geometrie degli specchi di poppa delle imbarcazioni della classe TP52. Il confronto, basato su osservazioni dirette o fotografica, copre 10 anni (2005-2015). Per la comparazione delle forme di carena viene utilizzato il profilo dello specchio di poppa che, essendo più leggibile rispetto ai volumi di carena, rende più comprensibile il confronto. Ulteriori indicazioni riguardanti l’evoluzione delle forme di carena sono tratte dalla vista in pianta, in particolare dalla geometria della coperta e dall’andamento della linee d’acqua che a prua tendono ad incurvarsi a causa della necessità di incrementare i volumi di prua per bilanciare, a barca sbandata, i volumi di poppa e incrementare, a barca diritta, le prestazioni alle andature portanti. Anno chiave per l’evoluzione della classe è il 2009, che vede il varo del TP52 di ETNZ che gareggerà nel circuito MedCup nel biennio 2009-2010.
Nello stesso anno raggiunge il punto di massimo sviluppo la forma di carena affinata negli anni a partire dall’esordio della classe nel 2005. Elemento caratteristico di questa evoluzione è la forma dello specchio di poppa che evidenzia un “flare” sempre più accentuato che coinvolge le sezioni di poppa, vista la generale adozione della massima larghezza al ponte, estesa fino alla estrema poppa per massimizzare il contributo del peso dell’equipaggio alla stabilità e, contemporaneamente, assicurare il controllo del ”trim” longitudinale.
IL PIANO DI GALLEGGIAMENTO RISPETTO AL PIANO DI COPERTA (CLICCATE)
Sotto la linea di insellatura troviamo, esaminando le imbarcazioni della flotta, un ampio “range” di variazioni di forma nell’intento di bilanciare stabilità di forma e resistenza. La carena di ETNZ (2009) è molto innovativa rispetto a quella delle imbarcazioni contemporanee. La geometria di carena presenta uno spigolo arrotondato molto alto rispetto al piano di galleggiamento ed un secondo spigolo, sempre arrotondato, a poca distanza dalla linea di mezzeria dello scafo con l’evidente obiettivo di intervenire sui valori dell’idrostatica di carena e la distribuzione dei volumi a barca sbandata. Come si può essere arrivati nel 2009 a definire questa forma di carena cosi particolare?
Penso all’esperienza condotta dallo studio Botin Carkeek nella classe V70 (“Il Mostro”) e forse ad alcuni studi sviluppati in ambito America’s Cup secondo la “America’s Cup 90 Class Rule”, regolamento di stazza inizialmente stilato per la disputa nel 2009 della 33RD America’s Cup. Si tratta anche in questo caso, come per la classe TP52, di una “Box Rule” con controllo limitato alla lunghezza fuori tutto, larghezza, pescaggio massimo, peso minimo.
La barca che il regolamento tende a configurare corrisponde al più grande e più veloce monoscafo che si possa costruire in accordo con il “Deed of Gift”. E’ interessante notare come la forma di carena tipo ETNZ del 2009 trovi ancora oggi conferma nei TP52 e sia sempre più sviluppata anche al di fuori della competizione e adottata da imbarcazioni con caratteristiche di “performance cruiser”. Nell’anno 2015 tutte le barche della classe TP52 di nuova progettazione presentano uno spigolo arrotondato, incorporato nella forma dello scafo, che permette di disegnare delle sezioni che massimizzano la stabilità di forma per l’andatura di bolina offrono una ridotta larghezza al galleggiamento nella condizione di carena diritta. Le carene sono caratterizzate da una accentuata altezza dello “spigolo” in corrispondenza dello specchio di poppa con svasatura delle sezioni di poppa al disopra dello “spigolo” per rendere più efficace il posizionamento in battagliola dell’equipaggio a barca sbandata. Lo “spigolo” in genere si abbassa muovendo verso prua e scompare in corrispondenza delle sezioni prodiere.“
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