"Fate il tifo per me": Alberto Bona racconta la sua Mini Transat

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A pochi giorni dalla partenza della seconda tappa della Mini Transat
(2.800 miglia da Lanzarote – partenza il 31 ottobre – a Pointe-à-Pitre, in Guadalupa) Alberto Bona prende la parola e ci racconta con una grande onestà intellettuale la sua prima tappa, iniziata da assoluto protagonista tra i Proto (a bordo del suo Onlinesim.it) e chiusa al quattordicesimo posto: le difficoltà, l’adrenalina, l’errore tattico, la determinazione. Da leggere tutto d’un fiato! E facciamo il tifo per lui, come ci chiede alla fine del racconto, perché tutto può ancora succedere!

bona“VI RACCONTO LA MIA TRANSAT”
“Questa volta la Minitransat si gioca su due tappe; ci sarà da divertirsi in confronto alla scorsa del 2013, penso. Voglio raccontarvi una prima tappa ricca, piena di quasi tutto: bonaccia, traversi selvaggi, vento forte al lasco in Portogallo, ultime cinquecento miglia con venti portanti ma di media intensità che obbligano a restare concentrati e usare le ultime energie per non sbagliare le strambate e l’approccio all’isola. Una bellissima prima tappa di questa regata oceanica che si corre con i mini 6.50, le barche più divertenti per questo genere di competizioni mai concepite.

GRANDI AMBIZIONI. Parto con grandi ambizioni per questa mini 2015. Ho fatto tanta esperienza e so cosa bisogna fare. La barca è frutto di un progetto – bomba, compresso in solo un anno dove i cugini francesi non sono stati interpellati; bisogna fare delle modifiche a questo proto del 2008 autocostruito in Italia per renderlo ancora competitivo. Bussare a Sam Manuard, uno dei più talentuosi progettisti francesi del momento che ha disegnato la mia barca? Sarebbe stato tutto in discesa. Invece la mia grande ambizione è di posare la prima pietra nella conoscenza di queste trappole – macchine ultra tecnologiche di carbonio. Nasce quindi il progetto con l’università, con ragazzi della mia età (e anche molto più giovani) che non hanno mai navigato su un mini; hanno il compito di studiare e progettare una nuova chiglia e un nuovo albero. Nei momenti difficili e di sconforto mi sono sempre risollevato chiedendomi cosa stavamo facendo: una cosa unica.

TANTI SACRIFICI. Tanti sacrifici, tanti errori. Penso alle notti in cantiere per preparare la barca; guardo gli altri navigare sullo schermo del mio pc. La barca tocca l’acqua stazzata e veramente pronta all’ultima regata prima della Mini, la Transgascogne a fine luglio. Sono contento perché andiamo bene e tenuto conto di tutto quello che ho trascurato c’è un ampio margine di miglioramento. Non sono allenato, non conosco bene la barca ma la strada che mi ha portato qui mi piace e non la rinnego. Partiamo per la regata, voglio vedere anch’io come va a finire…

onlinesimM’INCAZZO, MI DIMENO. Vedo la costa spagnola lontana, ma non abbastanza. Sono quasi in bonaccia, navigo a 4 nodi, ho virato per non perdere il vento del tutto. Non sono stato abbastanza lontano da terra, il vento è irregolare, minaccia di morire completamente. Il flusso da n/w è calato prima e il cono senza vento è maggiore del previsto. So che tutti i partigiani dell’ovest hanno ancora vento e mi stanno passando guadagnando miglia su miglia. Il pensiero ricorrente è che ho già buttato via una Minitransat dopo 350 miglia dalla partenza. E’ dura questa Mini, non c’è niente da fare; 4200 miglia giocate per un passaggio mancato. Spaccherei tutto, m’incazzo, mi dimeno; non ci credo. Dopo tutta la fatica, eccoti qua. Penso a tutti quelli che mi hanno dato una mano. Mi viene da piangere se penso a loro. Penso alla strada che ho fatto per arrivare qua, a chi mi è stato vicino. Per loro non me ne sono andato perché, lo ammetto, il pensiero di tornare a casa mi è passato per la testa.

L’ERRORE. Nonostante la difficile uscita dal golfo di Biscaglia, a mente fredda e ripercorrendo la regata credo di aver fatto una bella prima fase. Il gruppo di testa corre verso ovest molto veloce. I francesi applicano la loro regola precisamente: “nel dubbio vai a ovest”. Poi ci sono gli inseguitori che accettano questa decisione giocando la tattica. Io non ci sto e faccio la mia traccia. L’errore strategico è stato non chiudere verso ovest una volta incassato il guadagno. Il fronte poi sembra rallentare decisamente, chi è più a w incassa l’investimento con interessi. Ho provato, non ha pagato ma la sanzione del capo Finisterre è troppo dura.

LA TESTA SE NE VA…Con il morale a pezzi e la voglia sfrenata di recuperare è facile andare fuori giri e infatti chiedo forse un po’ troppo alla mia barca. Sto puntando la costa portoghese per raggiungere la zona con più vento; il vento continua a salire, meglio fare un bordo al largo, penso, mentre già preparo la strambata. Tutto a posto. Dopo dieci minuti mi rendo conto che sto tirando un po’ troppo la barca, devo cambiare set up delle vele. Spacco una barra di accoppiamento dei timoni e perdo le viti in mare. Inizia qui il ginepraio delle riparazioni, delle strapoggiate. Finisco con l’albero in acqua e senza i timoni per raddrizzare la barca. Ammaino lo spi, faccio una riparazione di fortuna e riparto a vele bianche. Sono sotto shock, guardo incredulo l’albero che ha resistito a questo trattamento. Passa un giorno prima di poter rientrare in regata dopo la laminazione della barra di accoppiamento. Ho preso ancora ritardo e si tratta a questo punto di arrivare a Lanzarote con la barca a posto per partecipare alla seconda tappa. Ho sostituito le viti perse con delle altre ma di diametro inferiore che ho smontato dall’attrezzatura di coperta.

LA REGATA PIU’ DIFFICILE DELLA MIA VITA. Quando vedo l’isola tiro un sospiro di sollievo, mi tengo ben lontano dalla costa con il problema ai timoni non voglio rischiare. Condivido la linea di arrivo con un traghetto che sta entrando in porto; aspetto il passaggio della nave e taglio con un urlo liberatorio la finish line più dura della mia carriera di navigatore oceanico. Mancano meno di venti giorni alla partenza della seconda tappa. Sono sicuro di poter fare una bella regata, siamo neanche a 1/3 della Mini e resta tutta da giocare. Fate il tifo per questa barca italiana!”.

Alberto Bona

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