LETTURE D’ESTATE Da Brindisi a Roccella Ionica/2

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tricaseGiovanni Porzio è uno dei più grandi reporter italiani e un appassionato velista. Nel suo libro “Il mare non è mai lo stesso” ha ricreato l’essenza del reportage, ovvero “riportare” da un viaggio notizie, ma anche racconti, sensazioni e immagini. Proprio da questo libro è tratto il racconto di cui trovate qui la seconda parte.

Il GSM è di estrema utilità, ma le carte dell’Ammiragliato erano di gran lunga più stimolanti: capolavori di precisione ed esteticamente insuperabili. Ti costringevano a osservare, a misurare, a compilare il giornale di bordo, a tracciare linee con la squadra, a calcolare l’angolo di deriva: il rituale officiato per secoli dai naviganti. E c’era qualcosa di grandioso e di solenne nel replicare i gesti di Colombo e di Joshua Slocum. Le carte lasciavano sempre un certo margine d’incertezza nelle lunghe traversate e mettevano alla prova i marinai. Avrò scarrocciato più del previsto? è un’isola quel profilo scuro che s’intravede sottovento? Lo skipper s’inorgogliva quando la meta appariva al dritto di prua.

Giovanni Porzio si concede una birra all'ancora
Giovanni Porzio si concede una birra all’ancora

Le carte esistono da tempo immemorabile. Erano note ai fenici e ai greci, furono perfezionate dagli arabi e dai veneziani, dai portoghesi e dagli olandesi. Ce ne sono di bellissime alla Casa de India di Siviglia e nei musei marittimi di mezzo mondo: raccontano l’epopea delle scoperte geografiche, delle imprese militari, dei commerci sulla via delle spezie, delle rotte dei clipper, dei naufragi, della pesca al merluzzo, della baleniera oceanica e polare. Una delle più celebri è la carta circolare del geografo arabo Al-Idrisi, che nel XII secolo disegnava mappe alla corte palermitana del re normanno Ruggero II per “divertimento e svago di chi ha intenzione di viaggiare per il mondo”.
Erano tempi felici in cui agli immigrati musulmani non si applicavano “politiche di respingimento”: venivano accolti a braccia aperte e incoraggiati a restare. Un’epoca di proficui scambi economici e culturali tra le ­due sponde del Mediterraneo che vide l’Italia svolgere un ruolo essenziale nella trasmissione alla civiltà europea del sapere scientifico degli arabi: dalla medicina alla geografia, dalle tecniche agricole alla matematica, dall’astronoma all’arte della navigazione.
La terminologia marina, del resto, è zeppa di parole arabe: ammiraglio, azimut, caicco, arsenale, cassero, catrame, alidada, libeccio, avarìa… Alcune torri d’avvistamento della riviera salentina sono proprio del periodo normanno: accostando in direzione di Tricase sono ben visibili sulla sommità dei promontori, svettanti tra gli ulivi e gli oleandri.
Nel minuscolo porticciolo l’acqua è di una trasparenza prodigiosa. Blue Gal è l’unica vela ormeggiata al moletto di sovraflutto, in tre metri di fondale. Alle boe barche a remi e gozzi di pescatori. Il maestrale si è placato. Il centro abitato di Tricase è qualche chilometro all’interno. Ci vado in autobus. Il palazzo dei principi Gallone è la sede del Municipio. Nella piazza storica gli anziani prendono il fresco sulle panchine ombreggiate di fronte alla chiesa secentesca di San Domenico. Appeso al portone di una distinta palazzina borghese si legge un cartello: “Il senatore Costa riceve il sabato alle 8”.

La facciata della secentesca chiesa di San Domenico nella piazza principale di Tricase
La facciata della secentesca chiesa di San Domenico nella piazza principale di Tricase

Più oltre il paese si allarga anonimo in una geometrica scacchiera di quartieri assolati. Ventimila abitanti, ma i giovani se ne vanno. Dice il barista che serve un ottimo caffè: “Qui non c’è futuro. Ho deciso di partire: Londra, poi Vancouver e Miami dove ho conoscenze. Spero almeno di imparare qualcosa e di vedere un po’ di mondo. A Tricase vengono in vacanza i ricchi milanesi e romani, che hanno comprato masserie e uliveti. Ma la gente non ha lavoro”.
La proprietaria della fornitissima e selezionata libreria nella viuzza alle spalle della chiesa è meno pessimista: “Con Nichi Vendola qualcosa si muove: incontri culturali, rassegne di cinema, musica. La mentalità comincia a cambiare. Noi giovani dobbiamo darci da fare: rinnovare la classe dirigente, sottrarci all’instupidimento televisivo. Il futuro del Salento sono gli agriturismi, le riserve naturali, le coltivazioni biologiche”.
Gallipoli, metà luglio. Da Santa Maria di Leuca ho un equipaggio: è arrivata Gabriella con Francesco, il figlio “piccolo” (ha ormai 15 anni…), e Alvise, un giovane amico che lavora all’Unione europea a Bruxelles. Ho sempre pensato, e in questi giorni ne ho avuto conferma, che la vela in solitario sia in alternanza noiosissima e stressante.

LETTURE D’ESTATE Da Brindisi a Roccella Ionica/1

 

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