LETTURE D’ESTATE Dalle Eolie alla Sardegna, passando per le isole campane/5
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Giovanni Porzio è uno dei più grandi reporter italiani e un appassionato velista. Nel suo libro “Il mare non è mai lo stesso” ha ricreato l’essenza del reportage, ovvero “riportare” da un viaggio notizie, ma anche racconti, sensazioni e immagini. Proprio da questo libro è tratto il racconto di cui trovate qui la quinta parte.
Il pellegrinaggio ai due piccoli camposanti è il mesto rituale d’obbligo prima della dura bolina per Bonifacio. Viriamo sottovento al faro delle Bocche, piantato a sentinella del canale, e ci mettiamo in rotta. Margherita è alla ruota: concentrata, felice. La guardo come i padri guardano i figli che crescono, con un impasto di orgoglio e nostalgia. La navigazione si presta a facili metafore: sono, i miei tre ragazzi, bravi marinai, ma riusciranno a superare le tempeste, a tenere salda la barra della vita?
Un altro faro sovrasta le bianche scogliere a strapiombo del fiordo di Bonifacio, così stretto che un tempo bastava una catena a chiuderne l’imboccatura. Ma all’interno si allarga in una profonda insenatura capace di accogliere navi e traghetti: un riparo ridossato da ogni vento. Non a caso, come testimoniano le inespugnabili fortificazioni, le rovine delle torri e le case medievali appollaiate sulla montagna, tutti hanno tentato di conquistarlo: greci e romani, saraceni, pisani, genovesi, turchi e aragonesi.
Di notte la luce del faro proietta ombre fantastiche sulla scogliera. Oggi i segnali luminosi sono quasi superflui, resi obsoleti – con l’antichissimo mestiere del guardiano – dalla tecnologia elettronica e satellitare. Ma per secoli, quando il mare era una tenebra indistinta, avvistare una fiammella all’orizzonte poteva significare la salvezza da un naufragio. Bisogna essere grati ai fari.
Prima dell’era informatica era normale scrutare col binocolo e il cronometro alla mano la linea nera della curva terrestre alla ricerca dell’indizio luminescente, verificare il periodo e la successione dei lampi, confrontarli con i dati dei portolani, calcolarne la portata e correggere la rotta tracciandola a matita sulle carte con l’aiuto del compasso e della squadra: era un’alta incombenza dello skipper, che poteva a giusto titolo sentirsi nei panni di Nelson o di Francis Drake. Oggi basta premere un tasto del plotter, e può farlo chiunque. è comodo, non lo nego. Ma così banale e frettoloso! Si perde l’abitudine a osservare, a riflettere, a interpretare i segni. L’arte della navigazione si riduce al software di un computer: la millenaria liturgia dei gesti marinari compressa in un’applicazione dell’iPad.
A me piace timonare – è il mio gioco notturno – prendendo a bussola le stelle, come gli argonauti. Non solo la polare: anche le costellazioni, se si tiene conto del loro movimento e di tanto in tanto si sbircia l’ago nella chiesuola, sono una buona guida. E ti ripagano con un oceano di splendori.
La crociera volge al termine. Con una punta di tristezza issiamo le vele e lanciamo Blue Gal nel fiato fresco delle Bocche: con il maestrale e l’onda al giardinetto le attraversiamo in un baleno, ci infiliamo nello stretto tra Razzoli e Spargi e siamo già a Capo d’Orso. Ma appena doppiato il promontorio il vento gira a sud e rinforza, costringendoci a terzarolare e a ridurre il fiocco.
Passiamo al largo di Porto Cervo: una selva di alberi nel Marina e i megayacht alla fonda, con i generatori accesi e i motoscafi Wally, di gran moda, come tender. Non c’è più traccia del bucolico “lago a forma di trifoglio” con l’arenile pieno di rossi frantumi di corallo di cui leggo nel Diario del Ganymede: “Cala del Cervo è una meraviglia: venirci, qui, per sempre! Le colline sono cariche di cespugli di lentisco, d’alloro, di rovi e pinastri. Su quella a sud pascolano mucche nere. Tutto è idilliaco e georgico”.
Guadagnamo miglia a fatica, lentamente, verso Porto Rotondo. Il mare s’è intorbidato, ha un colore metallico, grigioverde. E lo smalto blu del cielo si è stinto in uno stracco azzurro cinerino. Lo scirocco, col suo rabido ventare, sembra dirci di tornare indietro. Di volgere la prua a un’altra lunga rotta.
LETTURE D’ESTATE Dalle Eolie alla Sardegna, passando per le isole campane/1
LETTURE D’ESTATE Dalle Eolie alla Sardegna, passando per le isole campane/2
LETTURE D’ESTATE Dalle Eolie alla Sardegna, passando per le isole campane/3
LETTURE D’ESTATE Dalle Eolie alla Sardegna, passando per le isole campane/4
Scopri tutti i reportage di Giovanni Porzio!
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