Credevano ci fossero 40 m di fondo, e invece ce ne erano meno di 5!

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Credevano ci fossero 40 metri di fondo, ma non era così. “L’equipaggio non era cosciente di alcun pericolo alla navigazione nelle vicinanze, ha erroneamente calcolato la profondità minima di Cargados Carajos Shoals in 40 metri e ha ritenuto che non ci fossero pericoli a navigare attraverso i bassi fondali”
. Questo il sunto del rapporto indipendente sull’incidente a Team Vestas Wind (lo “spiaggiamento” a 19 nodi di velocità contro un atollo corallino in Indiano lo scorso 29 novembre) occorso durante la seconda tappa della Volvo Ocean Race.

“USO SBAGLIATO DELLE CARTE”
Altre considerazioni a cura della commissione indipendente riguardano il fatto che ci siano “state deficienze nell’uso delle carte elettroniche e di altri dati di navigazione a bordo di Vestas Wind”. Senza girarci troppo in tondo: l’equipaggio non ha saputo usare bene la cartografia. E come abbiamo scritto sul Giornale della Vela di Marzo: se si sospetta anche lontanamente di star navigando in una zona di bassi fondali (e quelli di Vestas non potevano non saperlo!), vale sempre il concetto dell’uomo a prua. Si, in barba alla cartografia elettronica, ma basandosi su una regola millenaria della marineria.

“ADEGUATE LA CARTOGRAFIA”
A proposito di cartografia: sempre secondo il rapporto, non è precisa: “Ci sono state anche deficienze nella cartografia, nella raffigurazione dei pericoli alla navigazione in scala piccola e media del sistema cartografico utilizzato”. La commissione ha aggiunto tre raccomandazioni:
– “Che vengano approvate e adottate una serie di linee guida per l’uso delle carte elettroniche durante la regata e che queste siano soggette ad ulteriori revisioni e miglioramenti”
– “Che i fornitori dei sistemi cartografici utilizzati e i produttori di uno dei software di navigazione siano informati delle deficienze riscontrate
– “La commissione suggerisce che la Volvo Ocean Race raccomandi e influenzi le aziende produttrici a rendere disponibile un sistema di navigazione migliorato, anche per quel che riguarda le carte e il software”

LA DINAMICA DELL’INCIDENTE
La barca con bandiera danese, Vestas wind guidata dallo skipper australiano Chris Nicholson si incagliò su una barriera corallina a Cargados Carajos Shoals nell’oceano Indiano durante la seconda tappa della seconda tappa, da Città del Capo ad Abu Dhabi, il 29 novembre del 2014. L’equipaggio fu costretto ad abbandonare la barca che, gravemente danneggiata, è stata successivamente recuperata dalla barriera ed è in fase di ricostruzione presso il cantiere Persico Marine di Nembro, in provincia di Bergamo, con l’obiettivo di riportarla in regata a Lisbona in giugno per partecipare alle ultime due tappe.

IL RAPPORTO INDIPENDENTE
Il rapporto indipendente sull’incidente, commissionato dagli organizzatori della regata lo scorso dicembre è stato redatto da alcuni esperti del settore: il contrammiraglio Chris Oxenbould (presidente), Stan Honey e Chuck Hawley. La commissione ha reso nota la dinamica dell’incagliamento, già ampiamente pubblicizzata, e ha sottolineato che i risultati del rapporto sono basati su interviste ai componenti dell’equipaggio, dai responsabili dell’organizzazione della regata, ad altre parti interessante e che i dati raccolti sono univoci.

LE CONSIDERAZIONI DI FROSTAD
Il CEO della Volvo Ocean Race Knut Frostad ha dichiarato che tutte le raccomandazioni saranno prese in considerazione e ha aggiunto: “Il nostro programma è di far conoscere le linee guida agli skipper e ai navigatori (come indicato dal rapporto) qui ad Auckland, e di includerle nelle prossime edizioni del Bando di Regata. Vogliamo che il rapporto rappresenti un documento utile per tutta la comunità della vela oceanica nel futuro. Gli incidenti accadranno sempre ma speriamo che queste azioni li rendano meno probabili.”

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6 commenti su “Credevano ci fossero 40 m di fondo, e invece ce ne erano meno di 5!”

  1. amerigo morello

    Scusate ma questa volta il GDV ha scritto una castroneria enorme
    “E come abbiamo scritto sul Giornale della Vela di Marzo: se si sospetta anche lontanamente di star navigando in una zona di bassi fondali (e quelli di Vestas non potevano non saperlo!), vale sempre il concetto dell’uomo a prua. Si, in barba alla cartografia elettronica, ma basandosi su una regola millenaria della marineria.”
    siete mai andati a vela su un “mostro da guerra” rigido come il carbonio, a 20 nodi di notte? non puoi starci tanto a prua, sei sott’acqua. E anche una volta che avvisti un reef, fermi 14 tonnellate a 20 nodi in 15 metri di visibilità che hai? per non immaginare che fine avrebbe potuto fare quel poverino sacrificato a fare la vedetta.
    certo una regola millenaria della marineria, ma per millenni le barche hanno navigato a 2/3 nodi, e oltre alle vedette usavano uno scandaglio a mano fatto da filo e peso, cavoli se per millenni hanno usato uno scandaglio a mano e ha sempre funzionato dovevano usarlo anche questa volta sarebbero in salvo no?

    1. Bel commento, corretto. Certo che chi scrive gli articoli dovrebbe fare un po di scuola elementare… anche vero che non si naviga a venti nodi in zone di bassi fondali o comunque in zone che non credo siano così tanto frequentate da meritare una cartografia precisa e accurata.

  2. ahahahahah…. un uomo a prua….. !!! bellissima, questa è è da mettere in un libro di barzellette, e le casse delle storeo su una F1 dove le mettiamo ?
    Letto troppo Moitessier ? 😉

  3. Francesco Spina

    Si potrebbero fare diverse cose:
    a) Piuttosto che una mini telecamera, che non vedrebbe niente, si potrebbe dotare le barche che regalano in zone con cartografia non sicura di un “forward looking sonar. Questi sonar guardano davanti ma purtroppo la loro portata è molto limitata; anche istallandoli in fondo alla deriva, davanti al bulbo e quindi a circa 4,5 m dalla suoerficie del mare sono ancora in una zona acustivamente difficile. La portata può quind essere limitata a 500 m. ; 20 nodi sono 10 m/sec quindi in meno di un minuto; all’ allarme dovrebbe seguire un intervento automatizzato sulla rotta… e i falsi allarmi?
    b) Far preparare (poi vi dico da chi) carte delle zona critiche interessata dalle regate basate su remote sensing (dati ottenuti da satelliti su particolari lunghezze d’onda). Le profondità su queste carte non sono accuratissime, ma se c’è un reef invece di 40 m. sicuramente lo vedono. Poichè non essendo necessario lo standard idrografico non occorre fare rilievi, Il costo, distribuito fra i partecipanti alla regata non sarebbe, credo, proibitivo.

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