La Toscana può diventare la mecca del charter mediterraneo. Ecco come
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Come dare un impulso al turismo nautico in Italia? La risposta è contenuta in questo bell’articolo di Luciano Rigli (uno dei massimi esperti di noleggio mondiale, attualmente a capo di Kiriacoulis Italia e di CNI Marina) apparso sull’edizione toscana del Sole 24 Ore. Fateci sapere cosa ne pensate e se siete d’accordo.
STIAMO SPRECANDO UN OCCASIONE!
“Siamo in un periodo in cui le imprese tendono a trasferire la loro produzione in paesi dove si possono fare maggiori profitti. L’unica industria che le grandi compagnie non possono trasferire è il turismo: se si vuol visitare Firenze o Venezia, in Italia si deve venire. Uno dei flussi turistici di eccellenza è il turismo nautico, vero volano per l’economia costiera e insulare. L’Italia, soprattutto la Toscana, per l’arcipelago e la vicinanza con gli altri paesi europei, è nella posizione ideale per far vendemmia di questa manna. Malgrado il Pit (Piano di Indirizzo Territoriale, ovvero l’atto di programmazione con il quale la Regione, in conformità con le indicazioni del programma regionale di sviluppo, stabilisce gli orientamenti per la identificazione dei sistemi territoriali, indirizza a fini di coordinamento la programmazione e la pianificazione degli enti locali, e definisce gli obiettivi operativi della propria politica territoriale, ndr) del 2007, che aveva colto l’opportunità, la macchina burocratica sta buttando a mare quanto previsto dall’allora assessore regionale Conti.
L’INDOTTO DEL CHARTER
Il paese leader nel Mediterraneo per il charter nautico è la Grecia, con circa 10.000 unità iscritte a ruolo commerciale, ovvero imbarcazioni che possono essere utilizzate da terzi per trascorrere le loro vacanze. Anche Turchia e Croazia hanno puntato sull’attività del charter. Uno studio ha dimostrato che una barca da charter, genera lavoro per 3 persone. In effetti, la spesa media di un crocerista per una settimana è circa mille euro (incluso cambusa, qualche ristorante ecc.); una barca ospita normalmente circa 110 persone per stagione, generando una spesa sul territorio di circa 110.000 euro per unità.
IL CHARTER DIMEZZATO
Oggi le barche in Toscana utilizzate per questo fine non arrivano a 250, alcuni anni fa rasentavano le 500. Secondo uno studio da noi elaborato, la Toscana è in grado di ricevere tranquillamente circa mille imbarcazioni: ovvero occupazione per circa 3.000 addetti. Una chiave del turismo nautico è rappresentato dall’offerta ricettiva: i porti turistici, i quali hanno spesso difficoltà a far quadrare i conti, riversandoli sui diportisti attraverso tariffe molto alte, con naturale conseguenza che le barche emigrano dove costa meno (Francia, Grecia, Croazia ecc.) e l’attività di charter diviene anti economica.
LE SOLUZIONI CI SONO
Una soluzione a questo può essere rappresentata, nel rispetto del Pit, dall’istituzione di apposite aeree, un’offerta generalizzata di buoni servizi a prezzi competitivi, dando ai concessionari delle misure compensative, come l’estensione della durata. Ricetta semplice che tornerebbe a far riempire i porti oggi svuotati, e renderebbe profittevole un’attività che gli altri paesi con affaccio sul Mediterraneo ci stanno letteralmente scippando. Nella sola Toscana oltre ai 3.000 generati dall’attività di charter, avremmo almeno altri 7.000 occupati per barche che rientrano e nuove in arrivo (cantieristica, rimessaggi, portualità ecc).
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4 commenti su “La Toscana può diventare la mecca del charter mediterraneo. Ecco come”
Mi pare un po’ semplicistico e troppo “financial oriented”.
Questa esposizione, pur nella inevitabile sinteticità,non tiene conto di fattori negativi quali la meteo marina più sfavorevole rispetto ai Paesi citati che possono godere di più mesi caldi e soleggiati e di zone di navigazione più protette. Inoltre la varietà e quantità di mete nautiche offerte non è neppure paragonabile alle nostre rotte prevalentemente costiere. A ciò si aggiunga che chi viene in Toscana forse vorrebbe vedere anche l’ entroterra. Rifare i conti, prego.
Le considerazioni esposte sono chiare ed applicabili, anzi è dovere degli enti locali agire in questa direzione.
Io nel mio piccolo non mi passa lontanamente di utilizzare la barca a vela di famiglia in Italia preferisco noleggiare in Grecia o Croazia, vuoi mettere come è trattato in quei posti il turista, prova a fare una crociera in Italia o all’estero e si capisce la differenza.
Non credo siano sufficienti le proposte dell’articolo a meno di una terapia di massa degli operatori del settore che considerano il malcapitato velista, un limone da spremere fino all’ultima goccia senza talvolta che gli siano garantiti i piu elementari diritti civici (vedi Bagni guasti, docce inesistenti o fredde,ecc..)A questa riconversione dovrebbero partecipare anche certe amministrazioni comunali e/o associazioni che direttamente o indirettamente gestiscono approdi che invece di calmierare il settore, come strumentalmente sostenuto, lo mantengono bollente anche per finanziare altre loro iniziative: sempre sulle spalle dello sfortunato velista. Che solo raramente è un nababbo: il piu delle volte è un amante del mare e della vita all’aria aperta che fa dei sacrifici per seguire le sua passione che sempre meno puo permettersi..
Tutto molto condivisibile , ma c’è anche il vero punto di vista del navigatore. Sono anni che navigo tra la corsica sardegna e Toscana e tutti gli anni faccio tappa per una settimana o più all’Elba . L’anno apoena passato ho avuto la piacevole sorpresa di trovare il costo dell’l’ormeggio a porto azzurro lievitato a circa 110 euro equiparando la mia barca sotto i dieci metri ad una da dodici (!). Aggiungiamo che mancano i servizi e la corrente sul pontile salta appena le barche rientrano e si collegano….nonostante la gentilezza e la professionalità dei marinai… Qualche pensiero viene… Per buon peso quasi tutte le isole dell’arcipelago sono vietate al diporto… Vogliamo attirare barche..?. Risolviamo qualche …. Assurdità.. P.s. Io amo l’Elba e anche quest”anno ci tornerò … Ma non tutti sono così innamorati…