Qual è lo scopo ricercato quando si ancora la barca? La domanda è meno anodina di quanto sembri, la risposta spontanea “vincolare la barca rispetto al fondo” abbraccia situazioni ben diverse fra di loro, la traduzione pratica di tale “vincolo” puo’ essere effettuata in modi diversi. Abbiamo quindi chiesto a Roberto Ritossa, responsabile di BretagnaVela, di aiutarci a sviscerare uno degli argomenti tabù per ogni velista: l’ancoraggio. In questa prima puntata verranno indicate le caratteristiche generali di un sistema di ancoraggio, gli elementi sui quali si può agire per adattarlo alle nostre esigenze, mentre nella seconda puntata (sul numero di maggio) verranno descritte situazioni pratiche nelle quali i vari componenti dell’ancoraggio intervengono in modo anche radicalmente differente. Andiamo con ordine, quali sono le forze in gioco in un ancoraggio? Da un lato la barca, sottoposta alla forza del vento, delle onde e eventualmente della corrente. Dall’altro l’ancora, che deve poter esercitare sul fondo una forza uguale e contraria a quelle applicate sulla barca, vincolandone il movimento. Il collegamento intermedio fra questi due estremi è il calumo: una determinata lunghezza di catena e/o cima tessile che assicura la trasmissione fra i due sistemi di forze opposti. Per ottenere un ancoraggio corrispondente alle proprie necessità, si può quindi agire su tre fronti: agire sulle forze applicate sulla barca; agire sulla relazione fra ancora e fondale; intervenire sulle caratteristiche del calumo. Analizziamo meglio questi tre aspetti. Trovate il numero completo sul numero di aprile de Il Giornale della Vela.
Tutti i segreti per un ancoraggio a prova di tifone
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