Non cambi la barca? Fatti le vele nuove! Seconda puntata
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Abbiamo visto che grazie ai programmi di fluidodinamica è possibile ridurre al minimo le percentuali di errore: “Fino a quindici anni fa si faceva tutto a occhio” – mi racconta Fabio – “dalla scelta dell’anello da mettere sulla bugna all’ipotesi di quanti chili di sforzo doveva sopportare un particolare punto. Oggi posso sapere con certezza quanti chili di stress ci sono nei vari punti e utilizzare materiali e attrezzatura adeguati”.
LA STRUTTURA SONO I MATERIALI UTILIZZATI
Senza una struttura adeguata, la forma non esiste. Le forze aerodinamiche generano sforzi sulle vele, delle tensioni che causano poi delle deformazioni nei materiali. Gli studi di fluidodinamica hanno come obiettivo quello di determinare quali materiali è meglio utilizzare per costruire una vela: “Se non si ha una struttura, un materiale adeguato, la forma non sarà efficiente. Anche in crociera, se la vela negli anni si deforma, diventa meno efficiente, le prestazioni verranno meno, la barca scarroccierà di più ecc.”. Occorre quindi capire, se l’intenzione è quella di cambiare le vele, quali sono i materiali a disposizione e quali riflessioni sono state fatte dagli esperti del settore sulle varie tipologie di struttura. Oggi il mercato vede protagoniste tre grandi famiglie di materiali: il poliestere o dacron, i laminati e le membrane a fibre orientate.
L’IMMORTALE DACRON
Il poliestere, noto come dacron, è ancora il tessuto maggiormente utilizzato per la costruzione delle vele. Caratterizzato da una costituzione a tessitura (trama e ordito), è ancora oggi il materiale più a buon mercato. La tecnologia, negli ultimi anni, si è perfezionata anche per il dacron : la fibra in poliestere è migliorata, così come i macchinari utilizzati. Ma quale è il segreto di tanto successo? Sicuramente la sua durata nel tempo, ancora imbattuta da qualsiasi altro materiale: “Il segreto della fibra di poliestere è che sottoposta a calore si restringe del 20%” – mi spiega Fabio – “creando una struttura molto stabile. Qui risiede l’unicità di questa fibra; tuttavia il suo limite è che, avendo un modulo (resistenza delle fibre all’allungamento causato dalla forza del vento) molto basso, tende ad allungarsi”.
MATERIALI LAMINATI IN ROTOLI: TANTI LIMITI
Il laminato è un materiale composito, solitamente sono due strati di film incollato a sandwich (strato esterno, fibre e colla) a varie fibre come kevlar, carbonio, dyneema, technora ecc. caratterizzate da fibre predisposte in direzione e percentuale. Si tratta quindi di un materiale multistrato che prevede un supporto inferiore di film spalmato di colla, una rete spaziata di fibre all’interno e un altro strato di film a chiudere. Il tutto entra in una macchina che con calore e pressione li “schiaccia” insieme. Tuttavia i laminati hanno un punto debole: “La fibra resiste bene allo stress nel senso di direzione in cui è stata posizionata, ma non è altrettanto resistente alle forze che arrivano da angolazioni differenti. Qualsiasi altro carico che devia da questa direzione, determina un allungamento. L’obiettivo dei laminati è stato quello di far seguire alle capacità delle fibre le linee di maggior sforzo. Una volta determinato dove agivano le maggiori forze, si orientavano di conseguenza i materiali, utilizzando laminati a ordito orientato nelle zone di maggiore stress: penna, mura, bugna, mani di terzaroli. “Maggiore era lo sforzo, più strati andavo a mettere nella direzione che mi serviva. Ovviamente questi rinforzi vanno ad appesantire e a rovinare un po’ la forma della vela”. Inoltre i laminati hanno un altro grosso limite: la delaminazione, dovuta all’aria che rimane tra la colla e i materiali.
LA NUOVA FRONTIERA: LE FIBRE ORIENTATE
I materiali a fibre orientate, più comunemente conosciuti come membrane, sono un’evoluzione dei laminati. Si differenziano da questi ultimi, perché i vari componenti vengono stesi uno dopo l’altro per mezzo di un plotter (una testa rotante) che stende le singole fibre secondo una direzione data da un programma che segue i punti di maggiore stress della vela. Questi materiali a fibre orientate aprono nuove possibilità di strutturazione delle vele: migliorando la direzione e la densità dei fili di fibra dove serve, permettono di realizzare vele più leggere ed efficienti e con un mantenimento migliore della forma: le fibre interne, se sono state correttamente ingegnerizzate, mantengono perfettamente la tensione alla quale sono sottoposte. Partendo dai limiti dei laminati, il passo successivo è stato quello di mettere i fili di fibra come e dove si vuole sulle risultanti dei calcoli strutturali. “Abbiamo determinato che lo sforzo è li? Ci metto una fibra nella direzione di cui ho bisogno. Grazie ad appositi programmi per ‘fibrare’, ovvero per posizionare le fibre nella direzione e nella densità di cui ho bisogno. Per esempio, se sto facendo un genoa leggero in carbonio non è necessario riempirlo di carbonio, non avrò bisogno di molta fibra. Questi programmi permettono di simulare anche i punti di deformazione usando certe fibre piuttosto che altre, con il fine di creare una fibratura il più possibile efficiente. Tutte le fibre partono dagli angoli delle vele, per cui in queste zone troveremo anche la concentrazione più alta: questo mi permette di non dover mettere ulteriori rinforzi: più fibre si mettono, maggiori saranno i problemi di incollaggio”. La struttura a fibre orientate è una costruzione aperta anche perché si possono cambiare tipo di fibre, direzione, densità, ma anche i supporti: si può avere il film da solo nudo tipo mylar (da regata), o film più doppio taffetà (una pellicola in dacron) che protegge, o uno strato di taffetà all’interno (da crociera), a seconda dell’utilizzo. Inoltre non si costruiscono mai vele tutte con un’unica fibra, ma si fanno dei mix: dyneema+carbonio, technora+carbonio, kevlar+carbonio, in modo tale che se una fibra si rompe, c’è l’altra che tiene. Ogni fibra verrà quindi sfruttata per le proprie caratteristiche formando una rete di molteplici punti di forza (resistenza all’allungamento, alla rottura, ecc.).
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