Middle Sea Race, “l’esperienza velica più esaltante della mia vita”
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Dopo i racconti quasi antitetici che abbiamo ricevuto in redazione di questa edizione della Rolex Middle Sea Race, caratterizzata prima dalla bonaccia e poi dalla furia del vento (QUI il racconto di Paolo Codeluppi, imbarcato sul Grand Soleil 37 Sagola Biotrading, e QUI quello “contestatore” di Pierpaolo Ballerini, quarto overall sull’Azuree 33 Azuree), pubblichiamo il bel resoconto di Sandro Alberti, che ha preso parte alla classica mediterranea a bordo del proto di 42 piedi Kuka Light di Franco Niggeler (a proposito, guardate QUI che superbarca che è!). Leggete il suo concitato racconto, che termina con un…tradimento a poche miglia dall’arrivo. (Foto di Kurt Arrigo / Rolex)
“Voglio raccontare la mia Middle Sea Race 2014 per rispondere in anticipo a tutte le domande che mi verranno poste nei prossimi giorni, dagli amici che mi seguivano da casa e che, viste le condizioni meteo, si sono preoccupati e mi hanno piacevolmente tempestato di messaggi e chiamate. Ma soprattutto voglio farlo per me stesso, in modo che possa, un domani, rileggere queste righe e rivivere, almeno in parte, quelle emozioni che ora mi portano alla tastiera del computer nell’arduo tentativo di trasmettere anche a voi, amici, quello che ho avuto la fortuna di vivere.
KUKA LIGHT, CHE ONORE
Non voglio partire da troppo lontano, ma devo obbligatoriamente tornare indietro alla chiamata dell’amico Max, con la quale confermava la mia presenza a bordo del Kuka Light, un visionario progetto di 42 piedi, concepito come un piccolo VOR70, realizzato senza alcun vincolo progettuale, con l’unico scopo di navigare il più velocemente possibile a vela. Io adoro questo genere di barche e gli armatori che hanno il coraggio di realizzarle, e per questo che avevo chiesto a Max di perorare la mia causa e procurarmi questo imbarco. Per molti giorni, prima di partire per Malta, ho immaginato come poteva essere planare a velocità folle con questo piccolo mostro, e sognavo epici ingaggi con imbarcazioni più grandi e blasonate. Ma, per mia somma disperazione, le previsioni meteo non lasciavano scampo; bonaccia, bonaccia, e ancora bonaccia.
COME UNA FERRARI MA SENZA BENZINA
Il routing di lunedì 13 ci dava quasi 6 giorni per coprire le 608 miglia del percorso, un’agonia. Totalmente inutile scaricare uno dopo l’altro gli aggiornamenti meteo, il vento arriverà a regata terminata, se lo godranno le barche più lente; “siamo nella settimana sbagliata” è l’amaro commento che faccio al grande Franco (l’armatore), anche lui desideroso di cimentarsi con ben altre condizioni. I lavori sulla barca continuano frenetici, tutto viene visto e rivisto con cura, tutto è testato nei giorni riservati alle uscite in mare, ma il morale, almeno il mio, è bassino; il vento non arriverà e mi ritornano alla memoria altre edizioni lentissime, con estenuanti bonacce e calure infernali. No, non con questa barca; è come avere la Ferrari ed essere senza benzina.
UNA PARTENZA LOW PROFILE
Ma ecco la sorpresa, una perturbazione è in arrivo per la giornata di mercoledì, 20-25 nodi da WNW che noi dovremmo prendere dopo le isole Egadi, secondo il routing; perfetto, almeno la seconda metà della regata ci sarà da divertirsi, speriamo solo che gli altri non si avvantaggino troppo nelle bonacce. Con rinnovato entusiasmo, da parte di tutti, partiamo per la regata. Le prime miglia verso Capo Passero sono esaltanti; con appena 10-12 nodi di vento da ponente Kuka Light viaggia a medie altissime e ci posizioniamo nelle primissime posizioni della flotta. Ma con la sera il vento cala e diventa estremamente variabile, la flotta si spacca e noi facciamo alcune scelte errate che ci relegano in una posizione di rincalzo rispetto alla flotta dei 50 piedi che usavamo come riferimento. All’alba il vento è quasi nullo e per ore ci trasciniamo a fatica in mezzo a scafi da regata-crociera che, francamente, pensavo di non rivedere più dopo le prime ore in planata continua a una velocità da maxi yacht.
LA RIMONTA
La risalita verso lo Stretto di Messina è lenta ma ci dà l’oppurtunità di effettuare una rimonta eccezionale sulla testa della flotta e passiamo lo stretto con un bel vento da SW e la corrente a favore. L’avvicinamento a Stromboli è molto più veloce di quanto le previsioni lasciassero sperare, ma una volta giunti al vulcano, il nulla. Unica consolazione, lo spettacolo naturale della colata lavica particolarmnte consistente, che da cratere scendeva quasi fino al mare; non rimaneva altro che goderci lo spettacolo per alcuni minuti. Scarico altri aggiornamenti meteo che confermano l’arrivo di una perturbazione da W dal martedì sera, e venti molto forti già dalle prime ore del mercoledì; comincio a essere impaziente, anche perché, nella notte tra lunedì e martedì, ci destreggiamo nelle bonacce e raggiungiamo la testa della flotta (escludendo Esimit, Ran e Shockwave che ovviamente facevano una regata nella regata). E’ il mio sogno che si avvera, siamo vicini al momento che ho tanto atteso, andature portanti e vento teso da percorrere in buona compagnia.
PRONTI A BALLARE, RAGAZZI!
Passiamo Favignana alle 9 di sera con circa 10 nodi di vento da W in aumento e vado sotto per il mio turno di riposo. so che forse saranno le ultime ore di sonno decente fino all’arrivo, perciò non perdo tempo e mi sdraio in cuccetta vestito. Dopo un’oretta di sonno profondo, vengo svegliato dai sussulti della barca che, percepisco dal rumore dell’acqua sullo scafo e dagli spruzzi d’acqua che mi arrivano in faccia oltre il tambuccio chiuso, è impegnata in un rodeo con le onde. “Ecco”, immagino, “saranno già 20-25 nodi; un po’ in anticipo sulla previsione, meglio sarà più divertente”.
SECCHIATE D’ACQUA IN FACCIA
Guardo l’iPhone che ho al polso e che mi fa da ripetitore degli strumenti e scopro che stiamo facendo 15 nodi al traverso con……. 15 nodi di vento. altre secchiata in faccia, momento di riflessione, sento uno scambio di impressioni tra il turno in pozzetto e quelli sottocoperta, con i primi che ci invitano ad indossare la cerata stagna e a agganciare la lifeline prima di uscire in pozzetto; “qui fuori è molto bagnato” sento dire da Diogo. Mi vesto bene, ma con la cerata tradizionale, la mia stagna giace nella sacca a estrema prua e, onestamente, non ho nessuna voglia di andare a prenderla, visto come si muove la barca. Esco in pozzetto e vengo accolto da un torrente d’acqua, cominciamo bene; faccio fatica ad ambientarmi, è buio pesto, non c’è luna, davanti a noi qualche luce di coronamento dei grandi che ci precedono, ci segna la via. Prendo il timone, è quello che ho sempre voluto fare da quando mi hanno chiamato, non esito, comincio a spingere, la barca risponde alla grandissima. Superiamo diversi avversari, il vento aumenta, così come il mare fino a diventare infernale all’altezza di Pantelleria, dove raffiche a 30 nodi ci spingono in planate a 22 nodi che finiscono inesorabilmente dentro l’onda che ci precede, con una valanga d’acqua che si frange sulla coperta e su di noi. Ho gli occhi in fiamme, il mare non ci da tregua, continua a peggiorare e Kuka Light, nella sua folle corsa sopra e sotto il mare, macina gli avversari senza pietà.
VIDEO – DA BORDO DI KUKA LIGHT
UN PO’ DI TREGUA
Dopo due ore e mezza finalmente si poggia, riusciamo a fare il cambio turno, e vado a riposare, almeno ci provo. Sono bagnato completamente ma non mi spoglio, vado in cuccetta con il salvagente ancora addosso, non si sa mai che debba uscire all’improvviso. I due turni successivi sono più tranquilli, il vento è calato e raramente supera i 22 nodi, inoltre è ruotato a destra e la nuova rotta è una poppa. Strambiamo per doppiare Lampedusa, bugia… viriamo di prua, perché rischiare, ma anche questa manovra non si rivelerà facilissima. Il passaggio a Lampedusa segna un momento di tregua con gli elementi; l’onda si placa fino a sparire, l’alba sostituisce le tenebre, siamo tutti in pozzetto a sgranchirci e a provvedere alle esigenze fisiologiche, ma davanti sappiamo già cosa ci aspetta; più di 90 miglia da percorrere con 35 nodi di vento e onde di 5-6 metri.
COME E’ DURA L’AVVENTURA
Doppiamo l’isola e prendo nuovamente il timone; sono stanco e gli occhi mi bruciano ancora perciò, nonostante la poca luce porto gli occhiali da sole per proteggermi dagli spruzzi d’acqua. Per vedere le onde siedo in prima posizione, dietro a me, Pippo e Franco. “Ecco che ricomincia”, penso, ma dopo poche miglia la potenza del mare mi sorprende, le onde frangenti si abbattono su di me schiacciandomi contro i compagni; non vedo, respiro a fatica, un colpo più violento alle costole mi fa temere il peggio, un’altra onda mi strappa gli occhiali, quella dopo mi si infila su per il naso. “Pippo non vedo gli strumenti, quanto vento c’è” – silenzio. Kuka Light è una belva, non ha niente a che vedere con una barca normale, esprime una potenza mostruosa, non si piega alle raffiche e se non riesce a cavalcare un’onda, be’, ci passa sotto; è tutto quello che riuscivo a immaginare ma molto, molto più brutale.
MA COS’E’, LA VOLVO OCEAN RACE?
Mi sento catapultato dentro quei video della Volvo Ocean Race che commentavo con gli amici, comodamente seduto al bar, dicendo “tutto il giro no, ma una tappa me la farei volentieri”. Col cavolo, ci vuole ben altro fisico. Dopo due ore e dieci minuti cedo il timone a Diogo e scendo sottocoperta. Non riesco a tenere gli occhi aperti tanto è il bruciore, guardo la rotta, ancora 48 miglia significa che ne ho fatte circa 42; fatevi i conti da soli. Mi butto in cuccetta, so che non dormirò ma la posizione stesa mi permette di sciogliere la tensione ai muscoli di collo, schiena e gambe. Continuo a seguire la rotta dall’iPhone, -30 al canale tra Comino e Malta, -20, -10, -5, come calano velocemente le miglia, sento in pozzetto delle voci eccitate e decido di uscire. Siamo stati raggiunti dal VOR70 Monster Project, che nelle ultime 240 miglia ci ha rosicchiato appena un’ora e trenta minuti. Planiamo a fianco a fianco per una decina di minuti, per la gioia dei fotografi che sull’elicottero ci fanno diversi giri intorno e diversi scatti. E’ l’apoteosi, è il sogno che si realizza, no, è la realtà che supera l’immaginazione. I ragazzi del VOR, a una nostra planata rispondono con tutte le braccia alzate, siamo la metà di loro e gli teniamo testa lottando strenuamente per la settima posizione assoluta in reale.
TRADITI DALLA CHIGLIA NEL VENTOSO MARE DI MALTA
STOCK!!!!!!! La barca orza violentemente e si sdraia su un fianco, sguardi sorpresi, “la chiglia, la chiglia”. eh già, la canting keel, il turbo di Kuka Light, non ce l’ha fatta ad arrivare fino al termine della regata e ci ha tradito a 10 miglia dall’arrivo. Qualcosa all’attacco del pistone ha ceduto. Il mio resoconto della regata termina qui, non voglio entrare nell’intricato dibattito dei se e dei ma, il sogno si è infranto dopo 598 miglia di cui 240 al di sopra della mia pur fervida immaginazione. Il primo commento lasciato per messaggio a chi mi chiedeva notizie è stato “l’esperienza velica più esaltante della mia vita”. Grazie Franco, Diogo, Max, Topo, Pippo, Paolo, ma soprattutto grazie a te, Kuka Light”.
Sandro Alberti
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3 commenti su “Middle Sea Race, “l’esperienza velica più esaltante della mia vita””
complimentoni comunuqe….
Esaltante veramente. Complimenti
COMPLIMENTISSIMI …PER LE PLANATE E PER IL RACCONTO !!! ALLA PROSSIMA SPERO DI ESSERCI ANCH’IO !!!