Al cinema protagonista è una superbarca, il Wally Esense. Da vedere per sognare
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Il cinema sembra essersi accorto, finalmente, che la vela è uno spettacolo che merita di essere portato sul grande schermo. Esce nelle sale il 30 ottobre “Last summer”, girato In Puglia a bordo di una delle più belle barche mai costruite, il 43 metri Wally Esense. E’ la dimostrazione della insolita attenzione che il cinema sta riservando al mondo della vela. Basta ricordare tra le uscite recenti “In Solitario” che racconta l’avventura di un solitario alla Vendèe Globe, il Giro del Mondo a vela. Per non parlare di “All is lost” con protagonista Robert Redford nei panni di un vecchio velista che con il suo 12 metri viaggia per i mari da solo e incappa in una serie di incredibili avventure che lo portano a ritrovarsi su di una zattera di salvataggio. Ma parliamo di questo nuovo film in uscita.
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LA VERA STAR DEL FILM E’ LA BARCA
La vera star di “Last Summer” è Esense, il 43 metri costruito da Wally Yachts su disegno di Bill Tripp, un mix di eleganza e tecnologia, di lusso essenziale fatto di tek color sabbia e di carbonio. Una barca a vela unica al mondo, tanto più che chi l’ha fatta costruire ha affidato il design allo stile di Odile Decq. Ed è su quest’unica location che il regista Leonardo Guerra Seràgnoli ha girato Last Summer, il suo primo lungometraggio, scritto con il fumettista Igort e la scrittrice Banana Yoshimoto.
Tutto il film si svolge su questa barca che, per quattro giorni, veleggiando nel mare del Salento, diventa il teatro di una riconciliazione e di un addio. Quello fra una madre, Naomi, una donna giapponese interpretata da Rinko Kikuchi (l’attrice scelta da Iñárritu per l’episodio giapponese di Babel), e suo figlio Kenzaburo di sei anni (Ken Brady, un attore inglese di madre giapponese): come effetto di un tormentato divorzio, il tribunale ha stabilito che Naomi non è adeguata come madre, e per questo il bambino è stato affidato alla ricca e potente famiglia paterna. Questi pochi giorni che passeranno da soli in viaggio a bordo di una barca sono l’ultima occasione offerta a mamma e figlio per ritrovarsi prima di dirsi addio. «Una barca come questa dà la dimensione di una prigione molto lussuosa sulla quale avviene il dramma della separazione. Mi piaceva il contrasto tra quell’atmosfera chic e la tragedia che avviene sotto la superficie della bellezza» dice Seràgnoli.
ESENSE, UNA MEGAVILLA SUL MARE
Esense è un Wally 143 sceso in mare nel luglio 2007. Lo scafo, è realizzato interamente in carbonio pre-preg, il disegno è dello statunitense Bill Tripp, da cui sono usciti scafi come il Baltic 50, numerosi Uldb (Ultra Light Displacement Boats) e una serie di megasailer tutti improntati alla ricerca della velocità. L’interior design è invece opera di una archistar: la francese Odile Decq, alla prima esperienza nello yachting ma, ad esempio, ha realizzato il Museo d’Arte Contemporanea di Roma.
Da questi protagonisti, uniti al Wally-style, è nato Esense, una barca unica. Soprattutto in coperta che, come dice Luca Bassani patron della Wally, «è la grande novità di questa barca». Assolutamente libero, a parte le due timonerie con al centro la consolle degli strumenti, il ponte di Esense ha eliminato candelieri e draglie, tutte le manovre sono comandate dal sistema “Magic Trim” e da soli quattro winch ai piedi dell’albero. Unici elementi che interrompono il piano del ponte, il tambuccio di ingresso sottocoperta e il pozzetto degli ospiti a ridosso dell’albero con divano a C e tavolo. A poppa, una terrazza, che raggiunge i 21 metri quadrati, e la grande vetrata del salone.
Albero in carbonio da 57 metri; fiocco autovirante; boma con avvolgitore interno per la randa; deriva parzialmente mobile (da quattro metri si passa a sei di bolina); vele 3DL di North Sails; attrezzatura di coperta Harken, idraulica Cariboni/Wally. Armamento a sloop da 140 tonnellate di stazza di cui 48 di zavorra.
Capace tuttavia di prestazioni degne di un racer, anche se Esense non ha velleità regatistiche ma possibilità atlantiche. E che, sempre in coperta, riserva un’altra sorpresa, con i prismi di illuminazione degli interni collocati sul perimetro del ponte: «Ho voluto che sottocoperta la luce arrivasse obliqua grazie ai prismi posti in coperta», precisa Odile Decq, che ha impostato gli ambienti sullo spazio e la luminosità. A cominciare dal grande salone di poppa con la vetrata che dà sulla terrazza: un vero e proprio loft sul mare. Un open space nel quale, grazie a pannelli mobili, si possono realizzare due cabine ospiti. Una terza è a poppa del locale tecnico centrale, che ospita anche la cassa della chiglia e tutti gli impianti. La suite dell’armatore, a pruavia dell’albero, comprende anche una sala musica e un bagno con vasca, e occupa la zona a prua dell’albero.
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