Farr 280 OD, la nostra prova in anteprima europea

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farr-280Che il mondo dei monotipi rappresenti il futuro ne è convinto un numero crescente di appassionati, vogliosi di liberarsi dal giogo del calcolo dei rating, per sfidarsi finalmente ad armi pari: poche storie, il più forte vince. E, perché no, in tempi di spending review la scelta può anche rappresentare una soluzione tipo “minima spesa, massima resa”. Crescendo i sostenitori dell’one design, proporzionalmente è aumentato il numero dei modelli prodotti dai cantieri. In principio il re incontrastato del settore era il J24, barca solida, dalle linee classiche che tuttora porta sui campi di regata fior fiore di velisti. Negli anni ’90, Bruce Farr ha introdotto nel mercato dei monotipi più snelli e invelati, come il Mumm 30 (poi ribattezzato Farr 30 per ragioni di marketing), il Farr 40 e il Platu 25. Il primo decennio del XI secolo è stato all’insegna del cantiere statunitense Melges, che ha dato vita a tre modelli di 24, 32 e infine 20 piedi, caratterizzati da carene piatte e grandi gennaker.

farr-280IL NUOVO “GIOIELLINO” FIRMATO DA FARR
E alla fine, quest’anno, Bruce Farr ci ha voluto riprovare, lanciando il Farr 280 OD. Finora di questo accattivante “schizzetto”, la maggior parte dei velisti ha visto solo i rendering, dato che ne circolano appena due esemplari. Abbiamo avuto la fortuna di provarne uno in anteprima europea, “Adriatica”, proprietà di un armatore italiano, Piero Paniccia, che fa base al Club Vela Portocivitanova. Carrellabile con un carico basso grazie al recupero della deriva a baionetta e costruito (tutto in carbonio) negli Stati Uniti da Premier Composite Technologies, il Farr 280 OD colpisce soprattutto per l’aspetto aggressivo e sobrio al tempo stesso, tratto distintivo di tutti i progetti più corsaioli del designer neozelandese. Subito le caratteristiche tecniche: bordo libero basso, dritto di prua con una leggera inclinazione negativa, sezioni pizzicate a prua, baglio massimo molto appoppato ed esaltato, al colpo d’occhio, da una carena piatta e spigolosa. Un bompresso fisso, lungo circa un metro e mezzo, e un piano velico sviluppato in altezza completano il quadro della piccola macchina da guerra. Dopo una mattinata trascorsa a bordo di questa barca tra le brezze del Mare Adriatico, abbiamo avuto la conferma che si tratta di un progetto azzeccato.

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La centralina dell’albero consente al randista di regolare la tensione delle sartie in navigazione agendo sul mast jack.

PIANO DI COPERTA EFFICIENTE
Più precisamente, siamo stati colpiti dall’efficienza del piano di coperta, dagli ampi spazi per i movimenti dell’equipaggio – particolare non scontato su scafi di tali dimensioni – e dalla cura dei dettagli, sinonimo di una costruzione di elevata qualità. Il quicker del fiocco, che viaggia su una rotaia a filo della coperta, scorre sotto il piano di calpestio come il resto delle manovre correnti. La posizione di lavoro del randista, che dispone di un efficace puntapiedi e di una “ricca” tastiera (vang, cunningham, base) è impreziosita dalla centralina dell’albero che, grazie a un must jack idraulico, riesce a regolare la tensione delle sartie anche in navigazione, alzando e abbassando di pochi millimetri l’altezza dell’albero. In questo modo, la barca ha potuto eliminare i vecchi arridatoi, fissando il sartiame direttamente alle lande. In poppa, andatura in cui la barca sfoggia un asimmetrico di 120 metri quadri, ci ha colpiti l’efficienza dell’imbuto del gennaker, capace di inghiottire l’enorme pallone evitando che vada a finire sotto la pancia della barca.

IMG_3706LE IMPRESSIONI DI UN DERIVISTA OLIMPICO
Oltre alla disponibilità del team, la ciliegina sulla torta per la prova di “Adriatica” è stata la presenza a bordo di Filippo Baldassari (nella foto a lato). Ventiseienne finnista in forze alle Fiamme Gialle, cresciuto nel vivaio del circolo civitanovese, ha partecipato ai Giochi di Londra nel Finn. Con alle spalle sei titoli nazionali tra Laser e Finn e un oro nel mondiale giovanile a squadre, il marchigiano è in lizza per Rio 2016: “Il meteo ci ha sorriso” – racconta Baldassari – “regalando sole, scirocco dai 10 ai 12 nodi e mare quasi calmo. Spegniamo il piccolo e silenzioso entrobordo e usciamo dal porto”.

UNA BARCA MOLTO SENSIBILE
Non siamo ancora in assetto ma la barca si è già presentata: sull’acqua piatta del bacino portuale, basta una minima raffica per farla balzare in avanti. Raggiunto il mare aperto, i ragazzi suggeriscono di simulare un bastone: con il vento da SE la piattaforma a Meridione diventa una boa al vento. In bolina, messe a segno le vele (una randa square top e un piccolo fiocco steccato) e schiacciata con l’equipaggio alle draglie, Adriatica fila a 6,5 nodi di media con punte di 7,2. Sorprende la grande stabilità di rotta, assicurata dalla larghezza e dagli spigoli della carena. Timonare un Farr 280 OD richiede però una mano abbastanza esperta: la barca è leggera e, se risulta facile farla accelerare, è altrettanto semplice frenarla, sbagliando il trim delle vele, la distribuzione del peso in falchetta o il lavoro con il timone sull’onda. Con una serie di veloci virate, in cui ho capito l’importanza di accentuare il rollio con il peso dell’equipaggio, raggiungiamo la piattaforma e issiamo il gennaker per rientrare. Inizia così una cavalcata in poppa a un passo di 9-10 nodi, con spunti che sfiorano spesso gli 11. Wow! Anche alle andature portanti la barca si presenta stabile, con una forte predisposizione al surfing, ricordando un po’ i TP 52”.

Giacomo Baldassari

 

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