Prova Dufour 310 Grand Large: dieci metri di larghi spazi

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IMG_1141Porto Lotti. Sembra che ormai la sfida tra i cantieri di serie si giochi sul successo modello più piccolo della gamma e soprattutto sulla capacità del team di designer di sfruttare al meglio le diverse zone di bordo per rendere “grandi gli spazi piccoli”. Il nuovo Dufour 310 GL è l’esempio di questa tendenza: lo scafo più piccolo mai costruito nella gamma Grand Large sorprende per il suo carattere camaleontico e la possibilità di giocare con gli spazi a bordo e cambiare il layout interno secondo le esigenze dell’armatore. Questa filosofia consente di decidere come vivere la barca: per un’uscita giornaliera, per una crociera, per un viaggio da soli, in coppia o con gli amici. 31 piedi non conoscono limiti di manovrabilità, una sola persona con un minimo di esperienza è sufficiente per portare la barca in sicurezza.

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UNO SGUARDO SOTTOCOPERTA
Appena salgo in barca, corro sottocoperta. Dopo la mia trasferta a La Rochelle e la visita ai cantieri Dufour mi era rimasta una grande curiosità insoddisfatta. Avevo infatti osservato da vicino l’assemblaggio dello scafo del primo 310 Grand Large, senza però capire come sarebbe stata la cabina armatoriale, ancora in fase di allestimento e il cui progetto era tenuto top secret. Ora finalmente capisco il motivo di tanta riservatezza. La soluzione trovata mi è piaciuta molto: la cabina di prua è separata dalla dinette da una porta a doppia anta che può essere tenuta o tutta aperta, o tutta chiusa o metà aperta e metà chiusa. Questa opzione permette di cambiare la percezione degli spazi a seconda dell’utilizzo della barca (tutta aperta è perfetta per gite giornaliere, tutta chiusa funziona bene in crociera dove è necessaria maggiore privacy ed è prevista anche la possibilità di allungare il letto con dei supporti e dei cuscini). Risulta chiara l’impressione di voler sfruttare al meglio lo spazio a disposizione e si nota l’attenzione a trovare soluzioni per lo stivaggio che creano vani ovunque si riesca (un esempio è l’incavo ricavato tra i gradini della scala e utilizzabile come portaoggetti). Il layout prevede quindi due cabine, un’ampia dinette (con tavolo centrale che si può allargare per ospitare fino a sei persone) e un bagno con un grande spazio dedicato allo stivaggio per stendere le cerate bagnate.

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PROGETTO E COSTRUZIONE DEL PICCOLO GRAND LARGE
Ancora una volta è la matita di Umberto Felci a disegnare le linee dello scafo. La coperta, realizzata con il metodo dell’infusione, assicura un perfetto incollaggio e un notevole risparmio di peso ed è controstampata, esce cioè già finita sulle due facce. Il cantiere offre poi la possibilità di scegliere la chiglia fissa e profonda a L o quella retrattile ideale per le navigazioni in zone con bassi fondali. Altre caratteristiche ormai distintive della gamma Grand Large sono lo spigolo, qui meno accentuato rispetto al 410 GL. la doppia pala e la doppia ruota del timone standard ad assicurare equilibrio e controllo (sicuramente una rarità per barche di queste dimensioni).

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COSA TROVIAMO IN COPERTA
Uno scafo pensato per navigare anche da soli non può non prevedere il fiocco autovirante, che è previsto nella versione standard della barca, mentre, su specifica richiesta è possibile armare anche la rotaia. A poppa troviamo una mini-plancetta per facilitare la salita e la discesa in porto e per favorire i bagni in rada. In coperta sono due le scelte che non mi convincono: la prima è  la decisione di rimandare la scotta della randa in tastiera e non a portata di mano del timoniere, una scelta problematica in caso di manovre da fare con urgenza, soprattutto in equipaggio ridotto; la seconda è la posizione un po’ bassa delle ruote dei timoni (molto sottili), la zona timoneria può essere completata con una seduta per il timoniere (removibile) che risulta però troppo bassa e non permette una corretta visibilità allo skipper. Il piano velico, realizzato dalla veleria Elvstrom è di 50.3 metri quadri.

IN NAVIGAZIONE TUTTO E’ SEMPLICE
Il vento si fa un po’ desiderare ma verso mezzogiorno entra una brezza tra i 10 e i 13 nodi nel canale tra Portovenere e la Palmaria. Iniziamo a bordeggiare di bolina e a misurare la velocità: 6,5 la media, quando entrano le raffiche la barca accelera con disinvoltura toccando i 7 nodi e rimanendo morbida sul timone, senza rischiare straorze e rimanendo fissa sulla rotta senza che siano necessarie correzioni con la pala. Lo spigolo fa il suo dovere anche se, non essendo particolarmente pronunciato, la barca sbanda leggermente oltre il suo angolo. Anche in virata una buona prestazione, lo scafo esce dal cambio mura riprendendo subito un buon passo. Poggiamo e ci mettiamo di traverso: 7 nodi. Non abbiamo a bordo l’asimmetrico: ciò nonostante anche a vele bianche manteniamo di lasco un buon passo: 6,5 nodi. Rientrando a Porto Lotti testiamo anche le prestazioni a motore, un Volvo Penta 20 cv: lasciando issata la randa, a 1500 giri la velocità registrata è di 5,8 nodi, a 2000 6,6,  a 2500 (velocità massima) 7,2.

SCHEDA TECNICA
Lft. 9,67 m
Larg. 3,31 m
Disloc. 4.940 kg
Pesc. 1,90 m
Sup. vel. 50,3 mq

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