Best of 2013 – La barca più sicura? E’ senza randa e senza bulbo

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Siete nati e cresciuti con la convinzione che una barca a vela debba avere per forza una randa e una chiglia (intesa come una deriva dove è concentrata tutta la zavorra, normalmente con un bulbo in piombo). Poi, un bel giorno, incrociate in mezzo al mare Ernesto Tross che veleggia sereno e tranquillo su Orso Bianco, il suo 10 metri in alluminio (autocostruito come tutte le sue barche) che usa solo le vele di prua e che sta dritto sull’acqua pur non avendo un bulbo attaccato sotto lo scafo. Per come siete abituati a concepire una barca a vela, è come se vi avessero appena fatto vedere un’automobile che marcia solo con due ruote e con un motore senza pistoni. Ma allora, chi è quell’uomo con i capelli bianchi che se ne va in giro con un’imbarcazione del genere?

 

Ernesto Tross
Ernesto Tross

PIU’ DI CINQUANT’ANNI A VELA
Ernesto Tross ama la navigazione a vela dalla fine degli anni Cinquanta, quando il pittore Manlio Guberti, prima uno dei suoi insegnanti e poi un amico, lo portò per la prima volta in barca dal Gargano alle Tremiti. Dopo quell’esperienza ha avuto una serie di imbarcazioni che si è sempre costruito da solo o insieme ad amici: la prima, nel 1962, è stata una canoa a bilanciere in compensato armata con pennola portoghese (il Malibu Outrigger disegnato da Warren Seaman), seguita da un trimarano di 7 metri su piani di Norman Cross. Poi, nel 1974, ha varato un catamarano di 13 metri (progetto di James Wharram) con il quale ha girato tutto il Mediterraneo. Alla fine degli anni Settanta, dopo avere perso la moglie e con i figli diventati grandi, gli è venuta la voglia di “andare fuori”, in oceano. è così che, nel 1978, si è costruito la sua prima barca in alluminio, un monoscafo, disegnato insieme all’amico architetto Carlo Martignoni. “Volevo una barca molto resistente e ‘rotolabile’, per chiudermi dentro e stare al sicuro quando il mare era in tempesta”, spiega Tross. Era lunga 12 metri e con due alberi uguali che portavano entrambi due fiocchi. “Sull’albero di poppa c’era una randa con poca superficie e, per fortuna, il boma era molto piccolo e leggero, perché ricordo i frequenti contatti con la mia testa. Comunque, non poteva nuocere più di tanto, perché avevo il pozzetto centrale”. Con quella barca, Tross ha attraversato il canale di Suez, il mar Rosso, il golfo di Aden ed è arrivato a Bombay, in India.

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LA BARCA PER CONOSCERE
Dal 1982 al 2000, facendo base in Malesia, ha navigato per tutta l’Asia, viaggiando anche all’interno del continente con il motorino e i mezzi pubblici. Quando ha deciso di tornare a casa, ha venduto la barca come rottame, a peso, in Oriente, ma si è portato via diversi pezzi tra cui le porte stagne, gli oblò, le ancore, le cime e tanti altri ancora, che ha riutilizzato immediatamente per costruire (nel 2000, su un prato messogli a disposizione nel cantiere di Mario Giua, a Fiumicino) il 9 metri Orso Grigio, ovviamente a spigolo e in alluminio; questa è stata la sua prima barca, disegnata da solo, senza chiglia. Aveva comunque una randa, steccata e ad alto rapporto di allungamento, ma ingarrocciata su un paterazzo perfettamente verticale distanziato dietro l’albero (che era quindi inclinato verso poppa) per non soffrire le turbolenze di quest’ultimo. Nel 2009, però, non ha fatto in tempo a mettere la voce in giro che voleva vendere l’Orso Grigio che qualcuno gliel’ha subito comprato. Così, ha realizzato l’Orso Bianco (l’“orso” è lui stesso, il “grigio” e il “bianco” sono i colori dei suoi capelli cambiati negli anni), con lo scafo uguale alla barca precedente, ma lungo 10 metri, armato con un albero posizionato molto a poppa, sul quale sono issati solo vele di prua (fiocchi, genoa, trinchette, yankee e, a volte, carbonere). Per Tross, Orso Bianco è la rappresentazione della barca ideale per chi vuole navigare: semplice e sicura. Due caratteristiche ottenute eliminando la randa e la chiglia, ma anche attraverso una serie di piccoli altri dettagli.

DSC_0736modLA RANDA E’ UNA COMPLICAZIONE
I motivi per i quali è meglio fare a meno della randa, sono da Tross presto spiegati: “Prima di tutto, l’eliminazione del boma, che è uno dei più grandi pericoli in barca. Poi, anche il risparmio di denaro, perché a parità di superficie, una randa costa il doppio di un fiocco, visto che la sua realizzazione, con tasche, stecche, terzaroli e via dicendo, richiede più lavoro”. Inoltre, parlando più approfonditamente proprio di semplicità e sicurezza: “Quando si rompe la randa è un bel guaio, perché la barca diventa ingovernabile; oggi più che mai, dato che la tendenza è costruire imbarcazioni con rande di dimensioni enormi e fiocchi minuscoli. Certo, poi si può ricucire, ma nel momento in cui viene a mancare la vela principale, dove vai? Mentre tra quelle di prua non esiste la più importante. Io ne ho un campionario infinito, tutte con i garrocci, di ogni tipo e superficie; se rompo la trinchetta, la cambio con il fiocco e continuo tranquillo sulla mia rotta”. Tross è convinto che non ci sia differenza tra un piano velico randa-fiocco e uno di soli fiocchi, quindi preferisce quello più facile da gestire. “Il mio armo è più semplice, meno costoso e offre maggiori garanzie”, dice. “Io le ho avute le barche con la randa e fare a meno del boma è un grande vantaggio; è pericoloso e complesso, con il vang, la trozza e altri pezzi che si rompono. Il fiocco, invece, è una vela semplice; io in coperta ho solo un paio di winch”. Nel paragonare l’armo bermudiano con quello del suo Orso Bianco, Tross non parla di “efficienza”, perché generalmente a questo termine sono associati discorsi di prestazioni e velocità, mentre a lui la barca serve per andare a spasso. “Di bolina stringo un angolo di 50 gradi al vento, compreso lo scarroccio. Più che soddisfaciente; io non vado in barca per arrivare prima da qualche parte o per battere un record! Eppoi, in crociera si devono scegliere i percorsi favorevoli al vento, mica contro. Ho girato in oceano Indiano per 18 anni e di boline ne avrò fatte quattro o cinque al massimo!”. Se qualcuno dimostrasse a Tross che il suo piano velico rende anche solo un po’ meno di uno con randa e fiocco (confrontandoli magari realmente su due barche uguali), lui non baratterebbe mai la semplicità e la sicurezza per qualche angolo di bolina e un po’ di nodi di velocità in più.

LA CHIGLIA AUMENTA I RISCHI 
Sempre per la sicurezza e la semplicità, l’Orso Bianco di Tross non ha una chiglia con il bulbo, ma una deriva mobile integrale, ovvero una semplice “lama” di legno che viene abbassata solo nelle andature di bolina e al traverso per contrastare lo scarroccio. La zavorra di piombo è tutta posizionata all’interno della barca, sul fondo dello scafo. Come per la scelta di usare un armo senza la randa, anche questa soluzione nasce da più di un ragionamento. “Se mi incaglio, posso facilmente buttare via un po’ di piombo fino a quando la barca si alleggerisce abbastanza per galleggiare di nuovo e ripartire”, racconta Tross, memore di un’esperienza vissuta in prima persona. “Con il 12 metri, che aveva la chiglia, urtai degli scogli in Tunisia a un metro di profondità, mentre con l’Orso Bianco, ci sarei passato sopra senza neanche accorgermene. La barca è rimasta sdraiata sul fianco a sbattere per tutta la durata della tempesta. era di alluminio, quindi si è solo abbozzata e dopo l’ho messa a posto con un banale lavoro di carrozzeria, altrimenti sarebbe stata da buttare. Con la barca che ho ora, che ha il fondo piatto e 3 tonnellate di piombo in sentina, se vado in secca lo scafo rimane dritto. Anzi, in caso di emergenza, io posso proprio decidere di andare a spiaggiare volontariamente!”. Ma il grande motivo per cui Ernesto Tross non vuole la chiglia con il bulbo è per avere più stabilità e sicurezza nel mare agitato. Infatti, alzando la deriva, la sua barca non rischia di “inciampare” tra le onde. “Quando sei in mezzo ai frangenti che spingono la barca di lato, la chiglia diventa un potente meccanismo che crea la leva per il ribaltamento. Se mi trovo tra le onde, io sollevo la deriva per evitare che la barca inciampi. L’anno scorso, tornando dalla Grecia, mi sono trovato in un temporale. Con il salire del vento, le onde hanno raggiunto un’altezza di un paio di metri. Ho issato la trinchetta, mi sono messo alla cappa filante e ho tolto la deriva. La barca slittava giù dall’onda rimanendo sempre piatta. Una meraviglia!”.

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GLI ALTRI PARTICOLARI
Senza randa e senza bulbo: sono le caratteristiche che, secondo Ernesto Tross, deve avere un’imbarcazione a vela per navigare in sicurezza. “Premettendo che un navigatore non ha il problema della velocità, perché anche se arriva il giorno dopo non gli succede nulla. Anzi, più sta fuori in mare e meglio sta, perché spesso è proprio quando arriva a terra che iniziano i suoi guai”, puntualizza Tross con un tono di ironia. Poi, deve essere di metallo: “Io preferisco l’alluminio, ma solo perché richiede meno manutenzione del ferro”. Assolutamente stagna: “Con portelloni e guarnizioni. Si deve chiudere come un barattolo. Quando c’è burrasca io mi chiudo dentro e aspetto che finisca”. Deve avere una coperta solida e piatta: “Bisogna dimensionarla calcolando che 5 tonnellate è il sovraccarico provocato da un frangente. Non ci deve essere la tuga, che è solo un impiccio e, quando la barca si ribalta, rappresenta la causa principale di affondamento, perché l’acqua entra proprio da là”.

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10 commenti su “Best of 2013 – La barca più sicura? E’ senza randa e senza bulbo”

  1. Sono felice che anche il giornale della vela abbia scritto di E.Tross, cosi ora il popolo dei velisti conosce la sua tecnica di sicurezza ampliamente descritta nei suoi bellissimi libri che invito tutti a leggere. Un grande navigatore!

  2. giorgio d'emilio

    Sono interessato a sapere se è stata realizzata una barca senza randa, ma più piccola di Orso Grigio, senza cabina, adatta per veleggiare solo di giorno senza fare crociere.
    Grazie.
    Giorgio d’Emilio

  3. Ho un sogno nel cassetto: circumnavigare l’Africa lungo costa con una brca a vela autocostruita di 5mt. Sponsor, suggerimenti, permessi, cosa suggerisce il nostro esperto? saluti

  4. piero pasquinelli

    non sono un esperto ma ho le stesse tue idee ,se sei i disponobile vorrei conoscerti e parlare un pò con te,naturalmente di barche grazie ciao piero pasquinelli

  5. stefano scorza

    Ho sempre studiato la materia “barche”, e proprio per le barche a vela, ovvero per tutte le barche che necessitano di zavorra, faccio presente che qualche cosa che costa molto meno del piombo esiste ed è il tungsteno, nella forma meno cara che esiste, quella di minerale di miniera, che ha una purezza di circa il 70/80% ed un peso specifico molto superiore a quello del piombo. Si può conglomerare in pani di resina o di cemento ed il gioco è fatto.

  6. Mi piace la procedura che Ernesto Tross utilizza per le sue barche autocostruite, semplicità e sicurezza alla base di tutta la progettazione senza l’assillo della velocità o dell’angolo di bolina.Una barca che naviga dritta sul mare e non inclinata su un lato o l’altro è più piacevole. Può avvicinarsi molto alla costa perché a deriva mobile con il peso tutto interno allo scafo per la sua stabilità e grande vantaggio in caso di intaglio.Ho molto apprezzato i suoi libri e cerco di imparare. Navigare per piacere di conoscere luoghi e popoli.

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