Pedote: “Ero partito per vincere, ma è successo di tutto”

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Giancarlo Pedote parla a ruota libera dopo la delusione del secondo posto alla Mini Transat (ma mai un italiano aveva ottenuto un  risultato così prestigioso), dopo essere rimasto in testa per oltre 3.000 miglia.  Al sito della rivista Voiles et Voiliers svela che non ha potuto spingere la barca come vorrebbe a causa di un danno alla chiglia basculante e che ha effettuato una miracolosa riparazione al timone. Ma soprattutto afferma: “Questo secondo posto non l’ho ancora digerito”.

“Innanzitutto bisogna parlare della prima tappa annullata, quella tra Douarnenez e Sada” si sfoga Giancarlo. “Sapevo bene che sarebbe stata molto ventosa, bastava guardare l’evoluzione meteo, e che il vento sarebbe girato. Di colpo, prima di partire, ho detto a mia moglie che  dovevo scappare subito. E così è stato, la prima notte ho preso la testa della flotta e più si andava avanti, più prendevo del vantaggio. Sarei andato a passare Capo Finisterre con poco vento, mentre gli  inseguitori avrebbero avuto 10 nodi di vento in più. Quindi dovevo avere un vantaggio di circa dodici ore. Poi, 48 ore dopo, sento  sull’SSB che la tappa è stata neutralizzata a Sada”.

MI GIRANO LE BALLE, MA…
E qui Pedote racconta quello che veramente è accaduto, quando era straprimo nella prima tappa:”Sentito il messaggio dell’organizzazione, mi girano un po’ le palle, ma il secondo era ben indietro, lontano. Così mi avvicino al porto spagnolo di Sada e cerco la linea d’arrivo. Un gommone mi si avvicina e annuncia che non c’è linea d’arrivo, senza dirmi altro. Penso che sia accaduto qualcosa di grave, una morte o un grave incidente per decidere di non posizionare l’arrivo. Quando ho saputo che invece era solo una questione di cattivo tempo, mi sono parecchio innevosito. La direzione di gara non ha il diritto di non dare un punteggio a causa delle condizioni meteo previste. Se il direttore Denis Hugues immaginava che c’era la possibilità di fermare la regata, doveva prevedere un punteggio o mettere una boa per fissare il passaggio a Sada. Secondo me, non aveva il diritto di annullare tutto”.

SI RIPARTE E C’E’ IL RISCHIO DI NAUFRAGARE
Pedote ripercorre poi la sua regata da Sada a Point a Pitre. “Sapevo che dovevo tentare ancora la medesima strategia della tappa annullata. Mi sono messo in testa alla flotta, gettandomi nei venti più forti possibile (40 nodi). Non sono partito per arrivare secondo alla Mini e quindi me la gioco al 100%. La prima notte, viaggiavo a 13 nodi, la testa di uno dei due timoni è esplosa. Sono rimasto con fiocco Solent e randa, c’erano 30 nodi di vento e molta onda. Per riparare il danno, ho lavorato con due braccia nell’acqua, con una chiave dell’otto e dei  piccoli bulloni. Nel frattempo avevo chiamato Benoit Marie con il VHF chiedendogli di avvisare la direzione di gara e avevo attivato il  segnalatore su “Presenza a bordo”. Quando ho visto la testa del timone  mi sono detto che la mia regata era terminata. Poi – non so come ho fatto – in un’ora e mezza avevo effettuato la riparazione e ho ridato tela. Passano cento miglia e mi accorgo  che c’era una fessura alla giunzione della chiglia basculante. Anche questa volta mi sono detto  “Sono fregato”. Poi, mi sono reso conto che se mi fossi fermato la mia regata sarebbe stata compromessa. Intanto ho fatto un po’ di strada e mi sono trovato al traverso di Puerto Calero. Ma se mi fossi fermato, non sarei più ripartito. Così ho deciso di proseguire. Avevo ben in testa la procedura in caso di naufragio, ho scelto di rischiare piuttosto di arrivare secondo”.

NON POTEVO SURFARE SULLE ONDE
“Da allora in avanti è stato tutto molto stressante. Non potevo surfare troppo sulle onde, quando mettevo il pilota automatico correvo a mettere le mani sulla fessura per capire se c’erano delle altre fessurazioni. Ho pensato di dargli una resinata, ma non l’ho fatto.  Per fortuna, altrimenti in seguito non avrei potuto riparare il bompresso che ho rotto a 300 miglia dall’arrivo. L’ho aggiustato in tre ore, prima di partire avevo fatto delle simulazioni di riparazione del bompresso.

CONOSCEVO LA BARCA A MENADITO, CE L’HO FATTA
L’intervistatore di Voiles et Voiliers abbassa un po’ il tiro delle emozioni e dell’incazzatura di Pedote e gli chiede cosa aveva modificato sulla sua barca (che si chiamava Magnum) dopo la vittoria ottenuta nella precedente edizione della Mini con a bordo il  progettista della barca, David Raison. “Ho lavorato” spiega Giancarlo “sulla forma delle vele per adattarle al mio modo di timonare, ma non sono ancora soddisfatto al 100%. Poi, ho spostato l’albero in avanti per renderlo meno ardente. Per finire, ho smontato pezzo per pezzo la barca così da conoscerla a menadito e sapere sempre cosa fare in regata. Ed è per questo che sono riuscito, con tutto quello che mi è accaduto, a concludere la Mini 2013”.

Sulle scelte strategiche Pedote racconta:”Penso di aver fatto una bella gara. Alle Canarie sono sceso a sud, stupendo molti. Ma ero obbligato a farlo, avevo vento da nord e non da nord-est. Se non fossi sceso a sud, sarei stato obbligato a navigare in una condizione non ideale per la mia barca. In ogni caso, al di fuori del duello con Benoit Marie, ero convinto di fare bene e che la barca era veloce…che ero ben messo. Non pensavo di perdere la regata. Questo secondo posto non l’ho veramente digerito”.

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